17 febbraio 2014 – La settimana scorsa alcune agenzie di stampa hanno riportato la notizia che il sostituto procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, aveva firmato quattro avvisi di garanzia nei confronti della Lat-Bri e della Granarolo. L’ipotesi di reato sarebbe quella di aver distribuito ‘in catene di consumazione sostanze alimentari non genuine’, in particolare contaminate, secondo l’accusa, dal batterio “pseudomonas fluorescens” responsabile della colorazione azzurrina che assumeva il prodotto all’apertura della confezione. Pare che l’accusa riguardi, nello specifico, l’uso di acqua contaminata dallo Pseudomonas.
Vediamo prima di capire di cosa stiamo parlando. Lo Pseudomonas è un batterio aerobico (ha bisogno di ossigeno e per questo si sviluppa in superficie) ed è presente naturalmente nell’ambiente e nell’acqua (è un batterio non patogeno e per questo non rientra nella normativa della potabilità).
Quindi, se l’acqua è considerata potabile anche se contiene lo Pseudomonas, perché mai i formaggi prodotti con quell’acqua dovrebbero essere vietati e chi utilizza quell’acqua viene citato in giudizio?
Continuiamo. Se questo batterio è stato sempre presente nell’ambiente perché solo da qualche anno se ne sente parlare? Che cosa è cambiato in questi ultimi anni?

La prima cosa che è cambiata è l’utilità del batterio. Visto che non è vietato e visto che ha delle proprietà molto interessanti, viene utilizzato – ad esempio – nei cannoni della neve per abbassare il punto di congelamento, nell’asfalto, per aumentarne la solidità, nelle lettiere per un maggiore disseccamento, nei suoli per attivarne la vitalità. Quindi, oggi nell’aria e nell’acqua ce n’è molto di più perché l’uomo lo utilizza a piene mani? Allora, se è vietato nelle paste filate perché, questo batterio potenzialmente pericoloso (ma non lo è) è autorizzato per inquinare l’ambiente, l’acqua ed il suolo?
L’altro fattore nuovo, intervenuto nell’ultimo decennio è il cambiamento della tecnica della pasta filata. Facciamo un passo indietro. Questo batterio è attivo da pH 4 a pH 8. Ha però il massimo dell’attività fra 5 e 8. Nel passato la gran parte delle mozzarelle veniva filata a pH 5, quindi, il formaggio era protetto dall’acidità. Purtroppo in questi ultimi anni la quasi totalità dei produttori ha adottato la scorciatoia dell’acido citrico, tecnica questa che agevola di molto i tempi e le procedure ma che, oltre ad ridurre al minimo la biodiversità microbica, fa filare la pasta a pH 5.6, un livello di acidità ideale per lo Pseudomonas. Se a questo aggiungiamo che questo batterio è psicrotrofo, cioè privilegia le basse temperature, si capisce facilmente perché abbiamo fatto la conoscenza con la mozzarella blu. Anzi, personalmente penso che siano anche poche e che in futuro potranno solo aumentare. Potrebbero risolvere il problema ritornando al siero innesto, ma non lo faranno.
Un’ultima osservazione. Il fenomeno della colorazione è solo italiano? L’ultimo numero della rivista francese La Chèvre (n.320, gennaio-febbraio2014) riporta addirittura che: “Lo Pseudomonas è divenuto la piaga dei caseifici”. Navigando su internet si può vedere facilmente come da almeno dieci anni in Francia questo problema sia studiato e “attenzionato” da parte di produttori e ricercatori. I consigli si sprecano su come prevenire questo difetto, ed è considerato un difetto, non un delitto. I produttori cercano di limitare i danni perché uno degli effetti negativi (ce ne sono anche di positivi come lo sviluppo di alcune note aromatiche) è la presenza dell’amaro. Il prodotto non viene ritirato dal mercato ma al massimo viene deprezzato, e il consumatore non lo compra.
Per finire, una provocazione: se il produttore scrivesse sulla confezione: mozzarella blu, è passibile di denuncia? Quanti formaggi diventano blu (per effetto del Penicillium) quando sostano troppo nelle celle frigorifere o nelle cantine? Va a capire perché in questo Paese ci si aspetta che i problemi li risolva sempre la magistratura! E questa volta, diversamente da quando avviene in politica e nella società, la magistratura non doveva proprio entrarci.
di Roberto Rubino
presidente ANFoSC
(Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo)
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