
Christian Rivas è un produttore di formaggi, titolare della Oasis Brands Inc., azienda californiana specializzata nella realizzazione di formaggi morbidi e cremosi di “stile ispanico”, particolarmente apprezzati dalla vasta comunità sudamericana degli Stati Uniti. Come può accadere a chiunque produca formaggio, al signor Rivas è capitato di incappare in un “incidente di percorso”: un caso di listeria monocytogenes (e forse più di uno), nell’estate del 2014. Un caso come tanti, ma con degli sviluppi alquanto insoliti.
In sostanza, a seguito del reperimento di alcuni formaggi contaminati in un negozio della Virginia, dei funzionari del CdC (Centers for Disease Control and Prevention) e della Fda (Food and Drug Administration) allargarono la ricerca ad altri Stati effettuando ulteriori analisi con esito positivo per lo stesso batterio. La successiva visita, inevitabilmente, riguardò lo stabilimento dell’azienda, sito in Miami, ed anche questa portò allo stesso risultato. I provvedimenti presi: sequestro della merce incriminata e azienda sotto la lente d’ingrandimento.
Di lì a pochi giorni gli inquirenti riuscirono a ricollegare i vari casi di listeria (i lotti contaminati furono diversi) con diversi episodi di listeriosi (una decina) di cui uno mortale, negli Stati della Georgia, di New York, Tennessee e Texas, oltre che in Virginia.
Come forse non capiterebbe mai in Europa (per non dire in Italia), l’intervento delle autorità giunse a provvedimenti restrittivi assai seri, che compresero: l’impegno ad interrompere la distribuzione dei prodotti presenti in azienda e il successivo loro smaltimento e la sospensione della produzione e della distribuzione di prodotti lattiero-caseari. Inoltre, l’obbligo di ingaggiare un consulente certificato a cui demandare la bonifica degli impianti e della struttura.
Pur essendosi impegnato in tutto questo, di lì a poco il Rivas riprese nell’attività di produzione e di commercializzazione dei propri formaggi, senza aver prima né ricevuto la sospensione dei suddetti provvedimenti né tantomeno aver risolto il problema della contaminazione.
Successivi controlli, compiuti dagli stessi organismi, portarono tra il 7 ottobre e il 16 dicembre dello stesso anno all’individuazione di un altro lotto contaminato e diedero il via alla denuncia penale che, nell’arco di due anni hanno finalmente condotto il malvivente – perché di questo si tratta – al processo che lunedì scorso 14 novembre ha visto comminare all’imputato 15 mesi di reclusione.
Intervistati in merito alla vicenda, il Procuratore degli Stati Uniti d’America Wifredo Ferrer e il responsabile della sede Fda di Miami per le indagini penali Justin D. Green hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni: «La tutela dei consumatori», ha dichiarato Ferrer, «è una priorità assoluta per l’Ufficio del Procuratore degli Stati Uniti. Il Distretto Sud della Florida continuerà a collaborare con la Fda per individuare i casi giudiziari in cui i consumatori sono esposti al rischio di un grave danno da cibo contaminato, particolarmente gravi nei casi in cui siano indotti in maniera fraudolenta a credere che esso sia sicuro». Dal canto suo, il dirigente della Fda locale ha sottolineato che «i consumatori si affidano alla Fda per avere garanzie di cibo sicuro e sano. Continueremo a perseguire e portare davanti alla giustizia coloro che hanno messo la salute pubblica a rischio».
Quello che ha portato alla condanna del titolare della Oasis Brands Inc. è un caso al limite, è vero, tant’è che la stampa statunitense lo ha accostato ad altri due episodi risalenti a 2010, quello di Austin e Peter DeCoster (padre e figlio), produttori di uova, per salmonellosi e quello dei due fratelli Stewart e Michael Parnell della Peanut Corporation of America per un focolaio di escherichia coli. Nella particolarità della vicenda, pur registrando una condanna di quelle che se ne vorrebbero vedere anche alle nostre latitudini, balza all’occhio come la giustizia non sia lenta solo da noi, ma anche negli States. Con qualche cosa ci dovremo pur consolare.
21 novembre 2016