Formaggi con aflatossine nel vicentino e nel trevigiano: i nomi

Una pannocchia di mais attaccata dall'AspergillusAncora riecheggiano, dalle pagine dei quotidiani web, i poco convincenti messaggi con cui molti degli interessati alla questione aflatossine hanno cercato di minimizzare, di tranquillizzare l'opinione pubblica, nel solo obiettivo di non perdere fette di mercato. Hanno paura i codardi: a loro della salute pubblica non interessa nulla, è evidente. Le finalità dei loro messaggi, il supporto di una parte della stampa, sin troppo ben disposta a supportare tesi indifendibili sono davanti agli occhi di tutti. E debbono far indignare chi tra i consumatori e gli operatori onesti del settore ha spina dorsale e usa il cervello.

Nel frattempo quello che sembrava uno smottamento diventa frana, la piaga delle aflatossine si allarga, raggiunge territori che forse si ritenevano indenni e mette così a nudo una delle maggiori vulnerabilità della zootecnia intensiva: l'alimentazione a base di insilati di mais rappresenta una criticità conosciuta da chi opera in quella dimensione. Oltre a non garantire alle lattifere una buona alimentazione (sono erbivori ed erba dovrebbero mangiare, ndr) nelle stagioni calde e umide il silomais rischia fortemente l'aggressione del fungo Aspergillus, così come accade nella frutta a guscio in genere, e nella frutta secca.

In sostanza, il "caso aflatossine" che sta emergendo – e che sta acquistando uno spessore sempre maggiore – era largamente prevedibile, checché ne dicano i sedicenti esperti e i responsabili di enti e consorzi che a vario titolo tentano ancora di minimizzare, e di difendere l'indifendibile.

Ma veniamo all'attualità: la piaga delle aflatossine, che dal 2013 a oggi sta contaminando una parte del latte e dei formaggi, prevalentemente nella Pianura Padana, è stata ancora monitorata negli ultimi giorni dagli enti preposti alla salvaguardia della salute pubblica. Il raggio d'azione è stato esteso a vari altri territori rispetto all'"epicentro" bresciano, e nella settimana appena trascorsa ha dato – purtroppo – altri risultati positivi. E così è accaduto che martedì scorso, dopo che i primi caseifici coinvolti erano ormai stati messi all'indice (grazie anche al nostro articolo "Aflatossine: i nomi dei caseifici coinvolti"), la lista delle aziende si faceva più lunga, e l'area della contaminazione e del reato ben più ampia: dal bresciano alla bergamasca, dal cremonese al vicentino e al trevigiano, purtroppo.

Il fenomeno, di cui va rigettata una visione emergenziale e del quale va presa altresì coscienza della radicata cronicità, in situazioni climatiche avverse, ha così portato all'esecuzione di migliaia di analisi (nelle sole province di Como e Varese 76 campionamenti, con il 5,5% dei casi positivi), dopo che, il 5 aprile scorso, le Usl e i Nas avevano riscontrato in alcuni lotti di formaggi della Latteria di Soligo, nel trevigiano, un eccesso di aflatossine che aveva portato ad un primo esiguo intervento (dodici forme sequestrate). Un indizio a cui però hanno fatto seguito ulteriori controlli, proseguiti nei giorni seguenti, controlli che hanno portato al ben più considerevole sequestro di 5mila forme prodotte dal Caseificio della Cooperativa Agricola Produttori Latte di Nogarole Vicentino.

In conseguenza a questo, le autorità sanitarie del Veneto inizieranno a partire da oggi l'esame dei formaggi sequestrati: principalmente forme di Asiago Dop e Monte Faldo De.Co. Nella speranza che la vicenda veneta venga presto ridimensionata, le responsabilità emerse dalle indagini riguardano l'infrazione delle procedure obbligatorie di autocontrollo e la elusione degli ulteriori accertamenti, obbligatori anch'essi quando il produttore venga a conoscenza della presenza di campioni positivi.

Al di là dei proclami dei consorzi coinvolti nella vicenda, nulla è dato sapere circa le misure sanzionatorie che dovrebbero essere prese nei confronti dei caseifici e degli allevatori coinvolti in reati da codice penale: frode in commercio e contraffazione di alimenti in modo pericoloso alla salute pubblica. Per ora nei loro confronti solo parole.

Una parte sempre più ampia dell'opinione pubblica inizia a diffidare di certe realtà e si spera passi a far sentire, attraverso le proprie scelte, la propria crescente disaffezione.

18 aprile 2016