Lo stato in cui versano agricoltura e zootecnia in Italia è fortemente legato alla scarsa considerazione che la politica ha riservato al comparto negli ultimi decenni. Tant’è che nel balletto delle poltrone ministeriali, ad ogni cambio o rimpasto di governo pare che nessuno si sia mai fatto avanti con la manina alzata per richiederne l’affidamento, ma che piuttosto sia stato concesso a destra e a manca per pareggiare conti immancabilmente “dispari”, in assenza di altra moneta. Né più né meno delle caramelle che il cassiere del bar ci porgeva se non aveva spiccioli.
Dopo l’”era Zaia”, quindi, in cui – più per capacità mediatiche che per sostanza – l’agricoltura ha trovato titoli su giornali e tg (made in italy taroccato, battaglia del latte a Bruxelles, lotta all’agrocrimine, no agli Ogm: i temi cari a Coldiretti, in sostanza), eccoci al ministro del ripensamento, quel Giancarlo Galan già ai vertici di Publitalia in Veneto e poi tra i fondatori di Forza Italia, che appena quattro mesi fa aveva rigettato d’impeto la prospettiva di sedere un giorno sulla poltrona più alta del dicastero agricolo.
Tanto disprezzava Galan quell’ipotesi, che un giorno lo definì il “ministero delle mozzarelle”, e ora (beffarda è a volte la vita) si ritrova a sedere proprio su quella poltrona, stretto tra le sue storiche vicinanze a Confagricoltura e la voglia di Ogm da un parte, e i diktat leghisti dall’altra.
Stravinte le elezioni regionali, il Senatùr ha preteso infatti che, a fronte di un ministro in meno, tre assessorati regionali all’agricoltura (Piemonte, Lombardia e Veneto) sarebbero dovuti andare al Carroccio.
Che gestione sarà quella di Galan, quindi? È presto per dirlo, anche se per ora pare che il ritornello sarà il medesimo suonato e cantato da Zaia in compagnia di Coldiretti. Strana dicotomia voler aprire agli Ogm ed essere costretto a battersi per tenerli alla larga.
Anche questa è politica.
21 aprile 2010