La montagna bergamasca dice “no” al raggiro del biogas

Un impianto a biogas nei pressi di Hannover, in tutto simile a quelli che stanno invadendo anche i territori agricoli italiani
Un impianto a biogas nei pressi di Hannover, in tutto simile a quelli che stanno invadendo anche i territori agricoli italiani”

Era ora. Oltre mille abitanti (su tremilaquattrocento) del comune di Casnigo, nella bergamasca, hanno deciso di opporsi, con una petizione popolare, al progetto di centrale a biogas comprensoriale destinata ad essere alimentata dai liquami zootecnici prodotti in zona. È uno dei rari casi in cui, finalmente, una popolazione informata ed esasperata (da una situazione ambientale non più sostenibile) decide di far valere le proprie ragioni contro una delle soluzioni falsamente ecologiche proposte oggi al mercato. Il cosiddetto “biogas” (l’ipocrisia del suffisso “bio” è lampante a chi la voglia leggere) da reflui zootecnici fa male alla salute e va rifiutato.

Per ben comprendere quanto accada a Casnigo servono due premesse: che la provincia di Bergamo ha uno dei più alti tassi di tumori registrati in Italia e che molti di essi si registrano proprio nella vallata che ospita il paese, la Val Gandino. Questo per via dei molti insediamenti produttivi del tessile, che dopo aver generato il benessere negli anni Settanta e Ottanta (Leffe era il comune italiano con il reddito medio più alto, prima della crisi del settore) oggi ci riserva il lascito di una situazione ambientale oltre la soglia della vivibilità.

Si tratta di luoghi in cui quelle fabbriche non avrebbero mai dovute essere insediate, per via di un’orografia di valle che non consente al vento di ripulire l’aria che la gente respira. E così i fumi prodotti, in special modo quelli delle industrie che lavorano i polimeri (derivati dal petrolio) creano quella “nebbiolina” che puntualmente grava in Val Gandino. E che invece in Val Seriana scorre via grazie alla provvidenziale brezza di valle.

Anche la zootecnia fa la sua parte
Ma i problemi della Val Gandino non si fermano qui. Gli insediamenti zootecnici sono sempre più conformi alle strutture produttive della pianura bergamasca (e anche a quelle dell’altopiano di Clusone), con vacche da latte spinte alla massima produzione lattiera possibile, enormi silos di mangime fuori dalle stalle, e un viavai di autocarri che battono senza tregua la Val Seriana per via dei mangimi, del fieno, della paglia (i terreni della zona sono insufficienti tanto per produrre foraggio quanto per smaltire un volume di deiezioni divenuto abnorme). ll latte prodotto da queste mega-stalle è ritirato sia dalle firme nazionali del latte in busta (che ne assorbono l’80% circa) che da un caseificio della Val Cavallina molto attivo nella promozione dei propri formaggi “nostrani”.

In questo contesto produttivo e ambientale, va sottolineato come i “protagonisti” di questo scempio additino al pubblico ludibrio le ormai poche aziende agricolo-zootecniche non allineate, che – ancora legate a metodi tradizionali – vengono tacciate di arretratezza e definite oramai senza un futuro. Anche alla periferia, la lobby della meccanizzazione e dei concentrati, anziché preoccuparsi dell’impatto che ha generato oramai anche in montagna, si diletta nel denigrare e vessare i “non allineati”.

La “salvezza” è nel biogas? Casnigo dice “no”
Da quattro anni circa (prima ancora che le voci sulla possibile eliminazione delle Comunità Montane diventasse “pane quotidiano”), il progetto della centrale a biogas continua ad animare i dibattiti, grazie all’iniziativa dell’Assessorato all’agricoltura della Comunità Montana.

Venuta meno la “spinta” di quell’ente (ormai meno presente in valle, ndr) sono ora da qualche tempo gli allevatori intensivi (che non sanno più dove smaltire il reflui e patiscono l’accumulo eccessivo di nitriti e nitrati) a sostenere il progetto della centrale, probabilmente sostenuti dagli enti e dalle imprese operanti nei settori ambientale ed ecologico. Ora che la nuova amministrazione della Comunità Montana (unificata con quella della Val Seriana) ha fato un passo indietro sul fronte di questo progetto, è il comune di Casnigo (con gli altri interessi che vi stanno dietro) a spingere in tale direzione. Basta leggere il resoconto che il quotidiano L’Eco di Bergamo ha fatto dell’assemblea del 20 scorso per capire quali feroci polemiche ne scaturiscano.

Progetti bloccati altrove vengono riproposti come nulla fosse
I progetti di centrali comprensoriali a biogas a ridosso dei paesi di montagna sono stati bloccati altrove, per concrete ragioni ambientali. Perché insistere a spacciarli altrove?

I fallimenti registrati altrove dalle mega-centrali a biogas di origine zootecnica, e le proteste per l’aria irrespirabile levate dalle popolazioni che le hanno dovute subire pare interessino poco chi ha a cuore il progetto di Casnigo. Al contempo pare che le amministrazioni locali non vogliano tener conto dell’incidenza tumorale accertate dalle Asl di mezza Italia.

Chi ha interesse a far sì che la centrale parta vorrebbe far credere ai residenti che proprio grazie alla centrale il problema dei nitriti e dei nitrati derivante non dallo spandimento (non più possibile) ma dall’accumulo di montagne di letame accumulate nelle aziende zootecniche intensive. E tutto questo per vedere che il latte è venduto a 30 centesimi al litro (o poco più; laddove per produrlo gli allevatori ne spendono oltre 40) e per pensare che enormi quantità di energia fossile sono e saranno bruciati per trasportare mangimi, foraggi e deiezioni. Mi fermo qui; non è una astratta polemica; è l’osservazione ed il pensiero di un perito agrario che opera in valle da un poco più di trentatre anni. Spero che basti per portare ed accendere spunti positivi.

di Giancarlo Moioli

26 maggio 2010

Da L’Eco di Bergamo.it (21.05.10)

 

Assemblea pubblica fiume a Casnigo per la possibile realizzazione in paese di una centrale a biogas. Da un lato i cittadini (1.006 per la precisione) sottoscrittori di una petizione contro la realizzazione dell’impianto e dall’altro l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giuseppe Imberti, che ha presieduto la serata.

Erano circa 400 i cittadini presenti. Non sono mancati momenti di tensione e alla fine le posizioni sono rimaste sostanzialmente immutate. Il sindaco si è detto convinto che il problema della centrale a biogas è «una mossa politica, un pretesto per mettere in difficoltà l’amministrazione mettendole il bastone tra le ruote e costringerla a dimettersi, come parzialmente avvenuto con le dimissioni dell’assessore Ruggeri».

Per il primo cittadino la «petizione ha costituito un atto di sfiducia di una buona parte della cittadinanza nei confronti dell’amministrazione che non potrà non tenerne conto». Dal canto loro i promotori della petizione hanno ribadito i loro timori ovvero che l’impianto in prossimità dell’abitato possa avere un impatto negativo sulla salute e la qualità dell’aria. I cittadini contrari hanno inoltre sottolineato anche le possibili ricadute negative e il degrado ambientale che la centrale a loro dire, potrebbe avere sul tessuto economico e sociale del paese, negando ogni finalità strumentale della loro iniziativa.