Mentre in Svezia esplode il caso della patata Ogm “Amedea”, prodotta dalla Basf e coltivata in quel Paese prima dei necessari test di ammissione tra i prodotti coltivabili in Europa, in Veneto divampa di nuovo l’attrito tra Lega Nord e Giancarlo Galan, diventato oramai uno dei principali tormentoni all’interno della coalizione di Governo.
A tuonare contro il ministro stavolta è Franco Manzato, assessore veneto all’agricoltura che, in vista della conferenza Stato-Regioni convocata per esaminare le linee guida sugli Ogm in Italia, ha duramente ammonito il numero uno del dicastero agricolo sottolineando la necessità che «lo Stato italiano ascolti le Regioni e prenda una posizione forte sulla questione degli organismi geneticamente modificati». «Visto che lo può fare», tuona Manzato, «Galan dica all’Europa che l’Italia è Ogm-free per tutelare i quattromilacinquecento prodotti tipici del nostro agro-alimentare».
Una bella bega di certo per il ministro, dopo che la questione delle quote latte aveva riproposto il drammatico divario di posizioni tra il partito guidato da Umberto Bossi e Galan, che poco più di una settimana fa si era preso il lusso di attaccare il presidente dell’Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura), il leghista Dario Fruscio, contro gli splafonatori delle quote latte.
«L’Europa», aveva tuonato Galan, «non dimentica e non dorme, e prima o poi dovremo aspettarci qualche iniziativa». «Considero Dario Fruscio», aveva aggiunto il ministro, «una persona intelligente, ma la sua posizione (l’aver chiesto ancora proroga a favore degli splafonatori, ndr) mi fa dire che se vuole fare politica, si presenti alle elezioni e faccia politica».
Chiunque al posto di Galan sentirebbe ora la propria poltrona vacillare, visti i ripetuti e sempre più forti contrasti con la Lega Nord, e in effetti il ministro non la manda certo a dire e mette le mani avanti: «Se mi togliessero da qui, lo considererei un torto personale. Prevedo dunque di continuare a fare il ministro dell’agricoltura, anche in caso di aggiustamenti nell’esecutivo». Più che una dichiarazione un appello a chi aveva scelto lui, nonostante le sue resistenze, per rimpiazzare Zaia.
Non c’è nulla da fare: la poltrona di ministro, anche se la meno ambìta, diventa comoda a forza di starci seduti. Tanto comoda che non la si vorrebbe più lasciare.
30 settembre 2010