Quella di venerdì scorso è stata una giornata da incorniciare per Granarolo, grazie alla decisione di Matteo Renzi di iniziare proprio da lì una campagna mediatica incentrata sulla visita a quelle che sarebbero le più rappresentative realtà produttive italiane. L'occasione l'ha data l'inaugurazione del rinnovato polo industriale della cooperativa bolognese, a cui i media hanno presenziato al gran completo, riferendo poi molti dettagli (ma non tutto) sulle acquisizioni operate dall'azienda sia in Italia che all'estero e sulla sua accresciuta rilevanza produttiva e finanziaria (oltre 2mila dipendenti nel mondo e un giro d'affari che nello scorso anno ha raggiunto il miliardo di euro).
In pochi però hanno riferito delle due ore di sciopero organizzate dai lavoratori Granarolo aderenti alla Cgil per protestare contro il jobs act e solo alcuni (per lo più la stampa toscana) hanno riferito dell'apertura ad un ingresso dell'azienda bolognese nella Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno, ipotesi sinora rigettata dai sindaci di Firenze e dei comuni del Mugello per salvaguardare oltre ai dipendenti anche l'indotto e il territorio – spesso marginale – in cui lo stesso insiste.
Insomma, se pioverà di quel che tuona oggi, la toscanissima Mukki Latte sarà in un prossimo futuro molto meno toscana di adesso, con le prevedibili conseguenze per occupazione interna e indotto. Se ciò dovesse davvero accadere, il grande impegno profuso sin qui dalle amministrazioni locali per scongiurare tale ipotesi sarà vanificato da una boutade autoritaria del presidente del consiglio, che riferendosi all'ingresso della cooperativa bolognese nella centrale toscana ha commentato con un «sarebbe molto bello». L'affermazione, che – a detta di fonti vicine a Palazzo Vecchio – avrebbe irritato molto il sindaco di Firenze Nardella, non è passata inosservata ai diretti interessati, così che già a partire da oggi sono attese le dichiarazioni di chi sinora si era detto contrario a questa ipotesi.
Gli unici a pronunciarsi al momento sono stati l'assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori, rivelatosi a sorpresa alquanto possibilista («qualunque impresa è ben accetta in Toscana, a patto che si tutelino l’occupazione e la filiera della Mukki»), e Giacomo Matteucci di Confagricoltura Toscana, che ha dichiarato l'intenzione di dare battaglia («Il premier non può risolvere una questione così cruciale per l’economia toscana con una breve affermazione a margine di un’iniziativa. Il sindaco Nardella mantenga impegno e tuteli la qualità del prodotto e la produzione locale come promesso»).
A rischio i pastori e i paesaggi toscani
Del tutto in ombra sono rimaste però nella giornata bolognese di Renzi altre questioni riguardanti il comparto lattiero-caseario toscano, e in particolar modo il mondo dei pastori, che con un esercito di mezzo milione di pecore presidiano un territorio di grande rilevanza paesaggistica, apprezzato anno dopo anno da milioni di turisti stranieri e italiani. A far preoccupare sono le dichiarazioni di Guido Pinzani rilanciate giovedì scorso 8 gennaio dalle pagine di cronaca locale di Pontedera del quotidiano QN/La Nazione.
L'ex proprietario del Caseificio Pinzani (l'azienda nell'ottobre scorso è stata rilevata totalmente dalla Granarolo), ha riferito senza mezzi termini di voler assicurare al mercato per tutto l'anno quantitativi di formaggio mai prodotti sinora. Due i milioni di litri di latte trattati attualmente in un anno dai diciotto dipendenti, ma – ha sottolineato l'ex industriale volterrano – le potenzialità potrebbero permettere di triplicare il quantitativo prodotto. "Con quale latte, prodotto da chi e come?" è la prima domanda che sorge, spontanea. Le risposte plausibili sono a nostro avviso tutte inquietanti: scartata l'inverosimile prospettiva ventilata dal Pinzani (incrementare il numero di allevatori presenti nelle province di Pisa, Siena e Grosseto), ciò che si intravede è il rischio di un vero e proprio stravolgimento delle buone pratiche zootecniche, secondo il modello intensivista ormai adottato in Sardegna da Amalattea (gruppo Granarolo): capre di alta produttività allevate in stalla ed alimentazione secca.
La prospettiva per le tre province toscane a maggior vocazione turistica e pastorale è la medesima: già tra i pastori c'è chi si interroga sulla razza ovina francese Lacon (iperproduttiva detta anche Lacauna) e sulle sue "doti" (allevabile in stalla, quattro litri di latte al giorno). Peccato per il paesaggio, che ne subirebbe una ripercussione rilevante (terreni all'abbandono, grandi capannoni, niente pecore al pascolo) e peccato anche per i consumatori, che passando dai prodotti "dell'erba" ai prodotti "del mangime" "qualcosina" potrebbero certo rimetterci.
C'è poco da fare: il legame con il territorio lo fa l'alimentazione verde, non i mangimi, e i formaggi da preferire saranno sempre quelli dei (bravi) pastori.
12 gennaio 2015
Per chi voglia sapere di più sulla giornata di Renzi in Granarolo, qui una cronaca di AgenParl