Nelle sale “Rams”, perla cinematografica sul mondo dei pastori

 L'interesse del cinema per il mondo pastorale si riconferma anche quest'anno con quella che sembra una vera e propria perla: "Rams" (sottotitolo: "Storia di due fratelli e otto pecore"), diretto dall'islandese Grímur Hákonarson ed accolto dalla critica internazionale come un piccolo gioiello, recente vincitore del premio "Un Certain Regard" al Festival di Cannes e in arrivo nelle nostre sale cinematografiche (le prime proiezioni, giovedì 12 scorso) in questi giorni.

"Rams", che in lingua anglosassone significa "montoni", è la storia di Kiddiley e di suo fratello Gummi, entrambi pastori, e del loro piccolo gregge di pecore in via di estinzione. È una storia di una pastorizia tanto diversa da altre pastorizie (pensiamo a quella mediterranea) e al tempo stesso tanto simile ad esse: una realtà estrema – per il clima, per i territori e per gli umani limiti dei due pastori – in cui il concetto di reciprocità è elevato all'ennesima potenza. Una storia in cui l'animale davvero non può fare a meno dell'uomo e l'uomo non può fare a meno dell'animale.

Il rapporto tra i due fratelli è ai minimi termini da alcuni decenni, ma qualcosa – o molto – cambierà nel momento in cui gli animali saranno messi in pericolo dall'intervento delle guardie sanitarie, chiamate ad abbattere le pecore a causa di una gravissima zoonosi. Di fronte a questa emergenza i due, reagendo ognuno secondo il proprio carattere, si ritroveranno di nuovo uniti grazie al loro attaccamento per quegli animali.

Al di là della storia e del racconto, di per sé buoni motivi per andare a vedere il film, è il paesaggio islandese a rappresentare il valore aggiunto dell'opera. Un merito che va ascritto alla formazione di Hákonarson, raffinato documentarista e in grado come pochi di raccontare la sua Islanda.

16 novembre 2015