Dalle Alpi un messaggio ai casari d’Italia: la mozzarella vaccina dev’essere gialla

Giuliana e Flavio Gaspari del Piccolo Brite di Cortina d’Ampezzo – foto di El Brite de Larieto©

Leggere di mozzarella fatta in Trentino (accade da oltre dieci anni), lo confessiamo, è cosa che ci ha sempre lasciati perplessi: se si voleva generare la negazione iconica della tipicità lattiero-casearia di montagna, con la mozzarella di quella provincia ci si è riusciti, e alla grande.

Prendere del latte alpino – o prealpino – e trasformarlo in un latticino con un potere evocativo tanto meridionale come quello della mozzarella è un’operazione quantomeno assai discutibile. Invadere poi i supermercati di mezza Italia con buste formato famiglia che sono il trionfo della plastica, oltre che della standardizzazione del gusto, ha rappresentato l’ulteriore caduta di stile a cui siamo oramai assuefatti: l’orrore c’è, è vero che non ci piace, ma neanche ci facciamo più caso.

Oltre ad essere buona e salutare, la mozzarella del Piccolo Brite di Cortina d’Ampezzo lancia un messaggio ai casari agricoli di tutta Italia: “Non ascoltate chi vi chiede mozzarelle bianche, se avete vacche al pascolo: fatele gialline, sappiatele spiegare, e determinatevi a trovare chi le apprezzi” – foto dalla pagina Facebook di El Brite de Lariedo©

Quel che invece ci garba oggi, e che ci garba molto, è che – oramai che tale assuefazione è acquisita, “grazie” all’industria di quella provincia – e che non ci fa più senso sentir parlare di mozzarella trentina, un piccolo caseificio di Cortina d’Ampezzo ha preso a cimentarsi nella produzione del medesimo latticino (e alla sua promozione), facendolo a modo suo, ovviamente, come davvero va fatto. Il casaro si chiama Flavio Gaspari, e la sua azienda familiare – il Piccolo Brite – ha centrato in pieno ogni mossa: utilizzando il solo latte delle proprie vacche, confezionando in vasetti di vetro e fregandosene del colore bianco perlaceo che quel tipo di prodotto dovrebbe avere secondo l’ignoranza strabordante del consumatore medio.

È così che la mozzarella alpina di Flavio, straordinariamente bella in quanto giallina, invia all’Italia intera il messaggio che serviva per dare una sferzata di coraggio a chi – pur trasformando il solo latte delle proprie vacche – troppo spesso china il capo alle richieste del mercato, toglie le bestie dal pascolo, toglie il fieno dalle mangiatoie e le costringe ai mangimi.

Si presenta così, in un vasetto di vetro, con un’elegante etichetta, la mozzarella del Piccolo Brite – foto dalla pagina Facebook di El Brite de Lariedo©

Quello insito nella mozzarella del Piccolo Brite è sì un messaggio educativo per i consumatori, ma è anche un’esortazione a tanti piccoli produttori ancora allineati alle richieste dei rivenditori. Quante volte l’abbiamo sentita quella richiesta indecente: “La mozzarella me la devi fare bianca sennò non si vende”; quante volte abbiamo visto produttori ingoiare il boccone amaro, pur di vendere.

Certo, l’operazione dell’azienda ampezzana non è stata poi così complessa: il latte – come detto – è quello delle proprie vacche, che i Gaspari riconoscono e chiamano per nome, una ad una, l’alimentazione è a base di fieno e di pascolo, e la clientela numericamente limitata e posta fuori dalle competizioni merceologiche di basso livello.

In una dimensione come questa (che bisogna saper costruire, ndr) tutto diventa più facile, forse, ma l’alto significato educativo intrinseco nel prodotto – qui sta il valore educativo aggiunto – viene percepito anche a distanze ragguardevoli attraverso i social media, e porta con sé un messaggio fortissimo: se davvero credete in ciò che state facendo, fatelo come meglio volete e sappiatelo raccontare. Troverete i rivenditori e la clientela giusti per quella vostra mozzarella, e il prezzo potrete farlo finalmente voi.

7 settembre 2020