Lav: le colpe di un allevatore addossate ad un’intera categoria

   Speculare su una vicenda di cronaca e utilizzarla per secondi fini sul piano della comunicazione. Non c'è nulla di più semplice (apparentemente) e di tanto contestabile (e abietto), soprattutto se a cadere così in basso è un'associazione che rivendica a sé stessa un ruolo importante in tante battaglie civili e una condotta etica alla base delle proprie attività.

Stiamo parlando della Lav (Lega Anti Vivisezione) di Roma, che ancora una volta si ritrova a giocare sugli stereotipi che vedono contrapposti da una parte il bene di alcuni animali (lupi ed orsi; non le pecore o i vitelli, ndr) e il consenso degli animalisti e dall'altra i "turpi responsabili" di mille problemi e nefandezze: dai cacciatori, agli allevatori, ai pastori, perché se c'è una vittima – ahinoi! – deve pur esserci un carnefice, e se c'è un buono deve pur esistere un cattivo. Come in tutte le favole che si rispettino. 

Una foto che smentisce le tesi della Lav: una vitella di razza Podolica (non allevabile in stalla) raggiunta dal graffio in un orso marsicano. In ambienti montani, in presenza di bosco, la mandria, per quanto presidiata dall'uomo, è soggetta a predazioni - foto F. Varallo®Favole e non vicende, certo. Stereotipi e non situazioni diverse le une dalle altre, perché il loro "pubblico", i sostenitori, i soci, i "buonisti" in genere vogliono storie facili da capire, nette, essenziali. O meglio ancora, predigerite. Vale a dire uguali a mille altre già accadute e raccontate loro con le stesse semplificazioni, lo stesso pregiudizio, la stessa arte nel manipolare verità ben più complesse. Racconti in cui le ragioni di chi "ha ragione" sono già state contrapposte in passato alle malefatte dei "soliti cattivi". Che hanno solo bisogno di essere divulgate, condannate e – possibilmente – sanzionate.

E così accade che, a seguito della seconda udienza di un processo che vede alla sbarra, presso il Tribunale di Sulmona, un allevatore(*) che abbandonò una propria vacca gravida su un monte per poi speculare sulla sua morte (forse procurata, per ottenere i risarcimenti di legge), la Lav abbia pensato bene di dire la sua andando di molto sopra le righe. Vale a dire diffondendo un comunicato stampa che, prendendo spunto dal fatto specifico, si lancia nella condanna generalizzata del mondo degli allevatori.

"Molti allevatori", asseriscono quelli della Lav (che nel processo si è costituita parte civile), "lasciano le loro greggi abbandonate al pascolo brado, senza alcuna difesa. Accade così che spesso i lupi, anche in assenza di prove concrete, vengano indicati quali presunti responsabili della morte degli animali allevati". "Inoltre", prosegue lo scritto, "il sistema degli indennizzi ha creato una grave alterazione alle attività legate all’allevamento, al punto che vi sono allevatori, come quello rinviato a giudizio presso il Tribunale di Sulmona, che accusano i lupi allo scopo di ottenere i rimborsi, nella piena consapevolezza che i loro animali sono morti per ben altri motivi".

Ancor prima che il presunto reo venga quindi condannato (la prossima udienza è stata fissata al 19 aprile prossimo, ndr), è la Lav a mettere all'indice un'intera categoria, fomentando un antagonismo che non fa bene a nessuno, né a chi ami la realtà e la verità, né tantomeno ai pastori e agli allevatori, già attanagliati da mille difficoltà reali: dai lupi a quattro zampe (che fanno stragi di greggi anche protetti, ndr) a quelli che di gambe ne hanno solo due. E che spesso sono ancor più feroci dei primi.

«L’Italia è da sempre un punto di riferimento, all’interno dell’Unione Europea», sostiene Massimo Vitturi, Responsabile Animali Selvatici dell'associazione, «per quanto riguarda le politiche di gestione delle popolazioni di lupo. È però evidente che da qualche anno queste politiche sono messe in grave difficoltà dall’arroganza di alcuni allevatori che vorrebbero uccidere tutti i lupi perché accusati di predare le loro greggi».

Il comunicato stampa della Lav finisce in maniera scontata, vista la fonte. Vale a dire richiedendo l'adozione di "misure speciali": "Nelle aree dove l’impatto degli allevamenti allo stato brado è particolarmente elevato" scrive l'associazione, "è necessario che il Governo intervenga prontamente, prevedendo azioni concrete che obblighino gli allevatori a predisporre tutte le misure necessarie per prevenire la predazione degli animali allevati, oltre ad intensificare la vigilanza allo scopo di individuare i responsabili degli atti di bracconaggio nei confronti dei lupi".

23 novembre 2015

(*) L’uomo è accusato di abbandono (art. 727 c.p.) e di uccisione di animale (art. 544 bis c.p.) ed è chiamato a rispondere anche di un tentativo di truffa (artt. 56 e 640 c.p.) messo in atto nei confronti del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, al quale aveva richiesto il risarcimento per la morte della vacca, imputandola a un fantomatico attacco predatorio da parte di lupi