Grazie ad un iter burocratico durato cinque anni, il Callu de crabettu (letteralmente “caglio di capretto”) è oggi un prodotto legalmente commercializzabile, laddove in passato chi lo abbia venduto , sia all’ingrosso che al dettaglio, ha sempre rischiato sanzioni pecuniarie per via della vigente normativa igienista dell’Unione Europea.
Il prodotto altro non è che l’abomaso del capretto da latte che, macellato dopo l’allattamento, viene estratto, essiccato e messo sul mercato a partire dal quarto mese di stagionatura. Il latte che vi è contenuto caglia naturalmente all’interno del suo speciale “contenitore”, il quale viene rimosso al momento di avviarne la consumazione.
Il disciplinare di produzione, messo ora a punto grazie a una collaborazione tra i produttori (cinque, tutti del comprensorio ogliastrino), la Asl di Lanusei, l’Istituto Zooprofilattico e l’Università di Sassari, prevede che prima dell’essiccazione il contenuto del Callu possa essere incrementato di un 30% massimo di latte crudo aggiunto, di produzione aziendale.
Il Callu de crabettu, che sinora era stato citato da pochi testi ufficiali (L’Atlante dei Formaggi del Barberis, Edizioni Agra-Rai ne è il più noto) e commercializzato spesso sottobanco, trova così la legittimità tanto attesa e che, si spera, porterà ad una maggiore affermazione di un prodotto che, per quanto caratterizzato da un gusto deciso e piccante, merita di essere conosciuto al di fuori della ristretta cerchia dei più esperti appassionati.
10 febbraio 2010