Zootecnia: i mega-allevamenti inquinano le acque d’Europa

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Rimbalza dalla dimensione internazionale anche in Italia, la critica situazione dell’ambiente, che ha nella zootecnia intensiva uno dei principali responsabili dell’eccessivo inquinamento delle acque. A rilanciare ancora una volta una notizia circa lo stato dell’ecosistema in cui viviamo è stato, lunedì scorso, il sito web del mensile ecologista Terra Nuova, che riferisce puntualmente i risultati di un’indagine condotta dall’associazione ambientalista Greenpeace. Un’indagine che svela l’impatto che i pesticidi e gli antibiotici utilizzati negli allevamenti intensivi hanno sui fiumi, sui corsi d’acqua europei. E che, parlando degli allevamenti intensivi, denuncia: “Sono una minaccia per l’ambiente e la salute”.

I rilevamenti effettuati dai volontari di Greenpeace nel giugno e nel luglio scorsi in dieci Paesi europei – fra cui l’Italia – era teso a verificare la presenza di medicinali ad uso veterinario, pesticidi, nutrienti e metalli nei corsi d’acqua. “In totale”, hanno denunciato i responsbaili dell’associazione animalista, “abbiamo trovato più di venti farmaci, fra cui dodici antibiotici, oltre a cento diversi pesticidi”.

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I campionamenti effettuati in Italia, in ventinove tra fiumi e canali d’irrigazione, sono stati condotti in regioni con una forte presenza di allevamenti intensivi, da carne e da latte. In Italia la scelta non poteva non cadere che negli sterminati territori della Pianura Padana, che da sola ospita buona parte della popolazione nazionale di suini (dati Istat) e gran parte delle stalle da cui proviene il latte destinato alla produzione di famosi formaggi Dop, oltre al latte alimentare che tutti i giorni arriva – fresco o uht – sulle tavole delle famiglie italiane.

Un cocktail di farmaci e di chimica – Purtroppo il risultato dell’indagine ha rivelato quanto poteva essere prevedibile: i nostri fiumi contengono dei veri e propri cocktail di prodotti agro-chimici e farmaceutici.

Le conseguenze di questa sotuazione sono assai preoccupanti: le probabilità che aumenti la resistenza agli antibiotici è il primo aspetto che ci deve preoccupare, già che ogni anno l’aspettativa di morte per questa ragione ha un costo sociale elevatissimo, che nel 2015 fu stimato attorno alle 33mila persone decedute a livello europeo (lo stesso numero di morti per Hiv, tbc e influenza messi insieme), ma che vede l’Italia detenere il record dei decessi (10mila nello stesso anno, ndr).

Un problema rilevantissimo, vista la dinamica dei dati – in forte crescita – e l’origine di queste malattie infettive, che almeno nel 60% dei casi nascerebbe proprio nelle stalle, da microbi che si dimostrano sempre più resistenti anche agli antibiotici di ultima generazione. Tra di essi digurano l’escherichia coli, lo staphilococcus aureus, la pseudomonas e la kleibsiella pneumoniae.

Preoccupano, inoltre, la minaccia rappresentata dalla presenza di pesticidi e la crescita delle fioriture algali, causata da una eccessiva presenza di nutrienti. Inoltre non siamo ancora in grado di valutare adeguatamente gli impatti complessivi causati dalle miscele – potenzialmente pericolose – formate da Tornando all’indagine di Greenpeace, in oltre due terzi dei campioni analizzati sono stati riscontrati antibiotici, e questa presenza costante potrebbe contribuire proprio alla diffusione di batteri resistenti agli antibiotici stessi. La metà dei campioni esaminati conteneva inoltre dei livelli di nitrati superiori alla soglia considerata sicura per gli organismi acquatici più vulnerabili, pur con concentrazioni inferiori al limite stabilito dall’Ue (50 mg/litro) oltre il quale i governi devono intervenire per proteggere fiumi, laghi e vita acquatica. In tutti i campioni sono stati trovati residui di pesticidi: 104 in totale, di cui 28 ormai vietati in Ue.

«Per troppo tempo», ha dichiarato la responsabile Agricoltura di Greenpeace Italia, Federica Ferrario, «il denaro pubblico ha sostenuto questo modello di allevamento insostenibile. È ora che l’Unione Europea e gli Stati membri, Italia compresa, si impegnino piuttosto a incentivare quelle aziende agricole che producono con metodi ecologici allo scopo di tutelare salute pubblica e ambiente, oltre che la nostra agricoltura».

10 dicembre 2018

Per approfondire, leggi il rapporto “Il costo nascosto della carne” (“e del latte”) edito da Greenpeace