Età del Bronzo: i pastori del Caucaso non furono migranti ma stanziali

Il Prof. Kurt Alt – foto dalla pagina Facebook dell’Università privata del Danubio© a Krems

Mai come in questi ultimi anni, archeologi, antropologi e ricercatori specializzati in varie altre scienze stanno dando un contributo essenziale, che porterà ad una riscrittura, parziale ma significativa, della storia dell’umanità. Ad essere investigata, ancora una volta, è l’Età del Bronzo; ad operare, negli ultimi campi di scavo nel Caucaso e nei laboratori dell’Università di Basilea, è stato il team diretto dal Prof. Kurt Alt, antropologo presso l’ateneo svizzero.

Ad essere analizzati sono stati gli spostamenti dei pastori attraverso le pendici del Caucaso e le steppe più a nord e le loro abitudini sociali e in particolare alimentari, che molto hanno rivelato della vita di quelle popolazioni. Bene, stando a questi studi e a differenza di quanto ritenuto sinora, quegli uomini e quelle donne, pur essendo dotati di carri trainati da cavalli, furono molto meno dediti agli spostamenti di quanto si ritenesse sinora.

A rivelarlo sono state una serie di evidenze, prima tra tutte la composizione isotopica del carbonio e dell’azoto reperiti nel collagene del materiale osseo appartenente a centocinquanta persone. In questi resti – recuperati in tumuli funerari e cimiteri a fossa piatta – i ricercatori hanno identificato alcuni tra i cibi di cui queste popolazioni si sono nutrite: carni, latti e derivati, assieme a piante ed erbe spontanee, erano alla base della loro alimentazione, mentre il miglio e altri cereali e vegetali coltivati entrarono nella loro dieta solo alla fine dell’Età del Bronzo.

Più nel dettaglio, lo studio (intitolato “Diet and subsistence in Bronze Age pastoral communities from the southern Russian steppes and the North Caucasus”, ovvero “Dieta e sussistenza nelle comunità pastorali dell’Età del Bronzo delle steppe della Russia meridionale e del Caucaso settentrionale”)  ha disvelato una marcata stabilità nel consumo di prodotti locali, che ha permesso di disvelare una forte propensione alla stabilità territoriale degli antichi abitanti di quei territori. 

«Queste ossa e denti umani», ha precisato il Prof. Alt, «sono dei veri tesori archeologici: rappresentano una risorsa fondamentale per acquisire una più profonda comprensione delle strategie economiche, dei modelli di mobilità ad esse associati e della differenziazione sociale».

Ma non solo. Come ha sottolineato Sandra Pichler, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Basilea, «le comunità caucasiche non erano molto mobili e non hanno intrapreso migrazioni su larga scala». Conclusioni che porterebbero a pensare che la trasmissione delle conoscenze – dalla lavorazione delle armi e di altri oggetti in metallo all’uso dei carri, alla domesticazione dei cavalli – sarebbe avvenuta in forma stanziale e non attraverso migrazioni su lungo raggio (tra Medio Oriente ed Europa) e attività mercantili, come sinora ritenuto.

2 novembre 2020

Lo studio “Diet and subsistence in Bronze Age pastoral communities from the southern Russian steppes and the North Caucasus” è stato pubblicato sulla rivista scientifica PlosOne ed è raggiungibile cliccando qui