
3 marzo 2009 – Non una mela né una spremuta di arance, ma un bicchiere di latte e un po’ di sole al giorno, tolgono il medico di torno. Da un recente studio pubblicato sul sito del periodico Archives of Internal Medicine, è emerso infatti che, specie contro i raffreddori e l’influenza, la vitamina D è ben più efficace della tanto esaltata vitamina C.
Lo studio, condotto dalla Scuola di Medicina dell’Università di Denver (Colorado), dal Massachusetts General Hospital e dal Children’s Hospital di Boston su di un campione di oltre diciannovemila persone, ha esaminato la relazione tra i livelli di vitamina D e le malattie respiratorie, dimostrando che quando i livelli di quella vitamina calano al di sotto dei 10 nanogrammi per millilitro di sangue, aumenta drasticamente – oltre il 40% – la possibilità di contrarre un’infezione virale delle vie respiratorie rispetto a chi abbia valori più alti di vitamina D nel sangue, ovvero attorno ai 30 nanogrammi per millilitro.
Il professor Carlos Camargo del Dipartimento di Epidemiologia del Massachusetts General Hospital di Boston ha evidenziato l’importanza dello studio sottolineando che: «un’infezione respiratoria in chi è sano non dà grossi problemi, ma in pazienti che già soffrono di una malattia respiratoria – come l’asma o la broncopneumopatia cronica ostruttiva – può comportare una corsa dal medico, in pronto soccorso o perfino un ricovero».
La vitamina D purtroppo è presente in pochi alimenti e in quantità modeste: nell’olio di fegato di merluzzo, nel salmone, nelle aringhe, nelle uova, nelle verdure verdi, nel tonno, nei cereali, nei succhi di frutta, nel latte e nei suoi derivati.
Ancora una volta quindi formaggi e latticini dimostrano di avere una valenza nutrizionale di primaria importanza. La vitamina D, infatti, una volta sintetizzata da un organismo adeguatamente esposto alla luce del sole, è fondamentale nel fissare il calcio nelle ossa, nell’assorbire il fosforo, ed è basilare per la formazione del tessuto osseo e dei denti, per difendere il sistema immunitario e per proteggere dal tumore del colon, dalla sclerosi multipla, dall’attacco cardiaco e persino dall’ictus cerebrale.
Secondo il dottor Adit Ginde, della University of Colorado Denver School of Medicine «la maggior parte degli americani probabilmente ha bisogno di più vitamina D» di quanta ne assuma, e a quanto pare gli stili di vita vigenti anche in Italia non ci pongono in una situazione rosea, basti pensare che secondo recenti studi nazionali il 76% delle donne italiane sopra i sessant’anni assume livelli molto bassi di vitamina D, aumentando oltre ai problemi sopracitati il rischio di osteoporosi e di fratture invalidanti.
A quanto pare il sole, seppure malato, resta indispensabile per la nostra salute ed «è bene esporsi ad esso con frequenza e senza le preoccupazioni causate», secondo il dottor Michael Holick della Boston University School of Medicine, «dal lavaggio del cervello fatto alla popolazione mondiale dall’accademia Americana di Dermatologia per favorire l’industria delle creme solari, al cui vantaggio vanno i ripetuti messaggi che legano l’irradiazione solare diretta al rischio di tumore della pelle e all’alto tasso di mortalità che ne consegue».