di Massimo Pes(*) – Continuiamo a parlare delle colture lattiche naturali entrando maggiormente nel dettaglio ed analizzandone le varie tecniche di preparazione. Tra le colture naturali, quella del latto-innesto o latto-coltura, è caratterizzata in genere da una microflora lattica quantitativamente più ricca rispetto al siero-innesto e allo scotta-innesto, in conseguenza alla maggiore disponibilità nel latte di elementi nutritivi indispensabili alla crescita batterica.
Tale caratteristica conferisce alle latto-colture una capacità acidificante generalmente più intensa rispetto alle altre colture naturali, rendendole anche per questo motivo, particolarmente adatte all’utilizzo come “starter” nella fabbricazione dei formaggi a pasta molle. Per questa tipologia di formaggi, infatti, il maggior apporto di microrganismi al latte in lavorazione favorisce la rapida acidificazione della pasta e contribuisce a regolare il successivo processo di maturazione.
Il latto-innesto naturale si ottiene generalmente favorendo lo sviluppo della microflora nativa nel latte crudo, preventivamente selezionata attraverso un trattamento termico di modesta entità (55-65°C). Il trattamento termico del latte crudo, ha inoltre l’effetto, certamente non secondario, di eliminare i microrganismi patogeni e buona parte dei microrganismi anti-caseari, in esso contenuti. Il latte crudo appena munto non costituisce il substrato ottimale per lo sviluppo dei batteri lattici per la presenza di sostanze che inibiscono la crescita batterica e anche perché la sua composizione, in questa specifica condizione, non consente di soddisfare pienamente le esigenze nutritive dei batteri lattici. Per la produzione del latto-innesto sarebbe opportuno utilizzare latte “maturo” – ovvero latte fresco – con bassa carica microbica, refrigerato immediatamente dopo la mungitura, a 8-10°C per almeno 12-15 ore. Durante tale periodo il latte perde questa naturale capacità di inibizione batterica e nel contempo le proteine del latte subiscono un moderato processo di idrolisi che determina la formazione di piccoli peptidi e amminoacidi liberi, di cui il latte fresco è notoriamente carente e dai quali i batteri lattici traggono notevole vantaggio nello sviluppo.
La composizione microbiologica del latto-innesto naturale è alquanto complessa e i batteri lattici che lo caratterizzano sono frequentemente oggetto di studio. In linea generale si è riscontrato che il latto-innesto naturale è caratterizzato dalla costante presenza di svariati ceppi appartenenti alla specie Steptococcus salivarius sub. termophilus, ai quali si accompagnano ceppi di enterococchi e bacilli, appartenenti rispettivamente alla specie Enterococcus faecium e alle specie Lactobacillus casei, Lactobacillus delbruechi subsp. lactis e subsp. bulgaricus.
Trattandosi quindi prevalentemente di specie termofile, la temperatura di incubazione, ovvero la temperatura alla quale la coltura viene mantenuta, varia in genere tra 40 e 45°C. La temperatura di incubazione viene mantenuta più o meno costantemente per 8-10 ore, periodo normalmente necessario al latto-innesto per raggiungere il valore di acidità prestabilito (in genere da 15 a 30°SH).
Nella pratica la preparazione del latto-innesto è molto semplice; le procedure sono essenzialmente due: una utilizza criteri “artigianali”, l’altra invece condizioni “controllate”. Naturalmente, in entrambi i casi devono essere garantite condizioni igieniche ottimali delle attrezzature e degli ambienti di lavorazione. Le fasi di preparazione della coltura sono identiche per le due procedure e possono essere sinteticamente così riassunte:
1. trattamento termico del latte (55°C – 65°C);
2. raffreddamento alla temperatura di incubazione (40°C – 45°C);
3. incubazione (8-10 ore).
Le due procedure differiscono nella modalità di raffreddamento del latte e incubazione della coltura. Nelle “condizioni artigianali”, si procede in maniera piuttosto discontinua: il latte dopo il trattamento termico, viene raffreddato in gradiente di temperatura senza alcun controllo della temperatura di incubazione. Nelle condizioni “controllate”, invece, le temperature di processo (termizzazione, raffreddamento e incubazione), sono monitorate e la temperatura di incubazione viene mantenuta costante nel tempo. Quest’ultima procedura implica necessariamente l’utilizzo di apparecchiature più o meno sofisticate (es. la fermentiera), con le quali è possibile eseguire il ciclo termico completo e la termoregolazione necessaria al mantenimento costante della temperatura nel corso dell’incubazione.
(*) Massimo Pes – Agris ricerca
Agenzia Regionale per la Ricerca in Agricoltura
estratto da Caseus Anno XV n.2 marzo/aprile 2010