Colture lattiche naturali: il siero-innesto

 Il rivoltamento del blocco di cagliataPrima di trattare l’argomento relativo alle tecniche di preparazione del siero-innesto è bene fare una precisazione circa le procedure relative alla preparazione della latto-coltura naturale, già descritte in questa rubrica sullo scorso numero. In particolare abbiamo visto come le fasi operative delle due procedure esaminate siano identiche, differenziandosi solo per la modalità di gestione delle temperature di processo. A questo proposito è bene precisare che pur essendo tecnicamente valide entrambe, la procedura che prevede il controllo ed il mantenimento costante della temperatura di incubazione, garantisce in genere uno sviluppo più regolare della microflora lattica. Infatti, in tali condizioni, al termine del periodo di incubazione, la coltura in genere è caratterizzata da una microflora quantitativamente più abbondante ed omogenea per effetto della selezione esercitata dalla temperatura di incubazione sulle specie batteriche lattiche. 

L’aggiunta di siero-innesto al latte

Diamo ora qualche informazione sulle tecniche di preparazione del siero-innesto. Il siero-innesto è la più diffusa fra le colture lattiche naturali in Italia, non solo perché facilmente ripetibile e a bassissimo costo, ma anche in virtù del fatto che spesso è l’unica coltura autorizzata nella produzione di diversi formaggi Dop (es. Grana Padano, Parmigiano-Reggiano, Provolone Valpadana, Mozzarella di Bufala Campana etc.), per i quali i disciplinari di produzione, predisposti dai relativi Consorzi di Tutela, prevedono specificatamente l’impiego di colture lattiche caratterizzate da “microflore autoctone”, ovvero provenienti dalla zona di produzione. Il siero-innesto naturale si ottiene facilmente, incubando ad una determinata temperatura, un’aliquota di siero presamico, (siero dolce ottenuto in seguito alla coagulazione enzimatica del latte). Il siero-innesto naturale rispetto al latto-innesto si differenzia per essere caratterizzato da una microflora lattica che rappresenta la sommatoria di quella originaria del latte, soprattutto quando trasformato crudo, con quella del siero-innesto utilizzato in lavorazione e proveniente dalla lavorazione del giorno precedente.

Di fatto il siero-innesto costituisce proprio il legame tra le caseificazioni che si susseguono giorno per giorno, e le sue caratteristiche dipendono dalla microflora del latte utilizzato in lavorazione e dalla tecnologia di trasformazione applicata. Anche nel siero-innesto naturale, così come abbiamo visto nella rubrica precedente per il latto-innesto, la microflora lattica è molto complessa, rappresentata in genere da specie termofile, che prevalgono sulle altre specie per effetto della selezione esercitata dalle temperature che si raggiungono durante il processo di caseificazione, nonché dalla temperatura di incubazione della coltura stessa. Nella pratica la preparazione del siero-innesto è molto semplice, si parte sempre dal siero di fine lavorazione prelevato in condizioni igieniche ottimali, prima dell’estrazione della cagliata, quando la stessa è nella fase di “giacenza o riposo”. Normalmente il siero viene prelevato dopo 15-20 minuti di giacenza e quindi trasferito in appositi recipienti di acciaio inossidabile o vetro. A questo punto si può procedere con un blando trattamento termico, in genere tra i 55°C e i 65°C, necessario a ridurre la microflora anticasearia, oppure procedere direttamente con l’incubazione, come nel caso specifico di alcuni formaggi a pasta cotta (es. Grana Padano, Parmigiano-Reggiano), dove al termine della cottura si raggiungono comunque temperature di 54-55°C. La fermentazione può avvenire in gradiente di temperatura, a temperatura di incubazione variabile in funzione delle condizioni ambientali, oppure, qualora si disponga di una fermentiera, a temperatura di incubazione costante, in genere tra i 40°C e i 45°C, per l’intera durata dell’incubazione, solitamente 18-24 ore. Come precedentemente detto la termoregolazione della temperatura di incubazione facilita lo sviluppo della microflora lattica permettendo la produzione di colture con caratteristiche tecnologiche più ripetibili. 

di Massimo Pes

Agris ricerca

Agenzia Regionale per la Ricerca in Agricoltura

 

estratto da Caseus Anno XV n.3 maggio/giugno 2010