di Giuseppe Licitra(*) – Nella produzione dei formaggi tradizionali – lo dice il termine stesso – è ricorrente l’uso di attrezzature tradizionali, molte in legno. Così come l’uso di latte intero crudo senza l’aggiunta di alcuno “starter selezionato” di tipo industriale. In alcuni casi si utilizzano siero o lattoinnesti naturali derivanti dalle lavorazioni precedenti. La globalizzazione e la forza del mondo industriale nel settore lattiero-caseario ha cercato di far passare il concetto che la “qualità è sinonimo di standardizzazione”.
Le normative della Ue – nonostante le deroghe ottenute da alcuni formaggi tradizionali sia per la produzione che per la stagionatura – spingono verso sistemi industriali e/o semi-industriali di produzione, bandendo le attrezzature tradizionali così come i luoghi storici di produzione e introducendo il sistematico uso di innesti industriali, e anche di cagli sintetici.
Tutto questo in nome della sicurezza alimentare, ma che in realtà più per business che per una reale protezione dei consumatori.
In questo contesto il CoRFiLaC ha ritenuto prioritario sviluppare delle ricerche sul ruolo delle attrezzature in legno sul processo di caseificazione del Ragusano Dop, dove da disciplinare è prevista l’utilizzazione di latte crudo ma non di innesto microbico esterno. In sintesi, i risultati delle ricerche hanno dimostrato l’esistenza di un biofilm microbico, di spessore e composizione variabile, sulla superficie delle tine in legno analizzate. Ogni tina rappresenta un ecosistema a sé, ecosistema microbico vivo ed in grado di evolversi continuamente, sia pur mantenedo un substrato microbico di base abbastanza costante per ogni “tina in legno”.
Nel primo esperimento, una tina, in cui veniva lavorato latte di montagna, era colonizzata principalmente da due specie predominanti S. thermophilus e L. delbrueckii mentre l’altra tina, utilizzata per il latte di un azienda sita al livello del mare, esibiva almeno cinque differenti bande delle quali S. thermophilus era quella dominante.
Per la produzione di Ragusano, come già detto non viene utilizzato nessuno starter, l’acidificazione del latte e della cagliata dipende chiaramente dalla microflora presente nel latte e da quella rilasciata dal biofilm della tina. Diversi studi sono stati effettuati per verificare l’efficienza di questo sistema di inoculo naturale.
È stato dimostrato che in pochi minuti – da 5 a 10 – il biofilm rilascia al latte crudo un quantitativo di microrganismi da 0.3 a 1 log/ml. Nel caso in cui il latte crudo presenta un’alta carica batterica, oltre 106, non è stato possibile quantificare il livello di inoculo del biofilm, nonostante tutte le curve di acidificazione del latte migliorassero sensibilmente. Determinante il ruolo del legno nel caso in cui il latte presenti una bassa carica batterica.
Infine, per un’inequivocabile risposta sull’effetto inoculo da biofilm, si è scelto di utilizzare latte microfiltrato, evitando così la presenza di qualsiasi cellula microbica, per poter quantificare la capacità che ha il biofilm della tina di rilasciare microflora nel latte. Dopo pochi minuti di contatto i biofilms delle tine possono rilasciare nel latte microfiltrato fino a 6 log/ml batteri lattici, dimostrando un’efficienza straordinaria del biofilm nell’inoculo del latte. La velocità di acidificazione generata da tali inoculazioni riflette la biodiversità di questi biofilms. I batteri lattici rilasciati dal biofilm della tina possono influenzare la variabilità della flora batterica del latte crudo, rendendo più facile da ottenere, giorno dopo giorno, la ripetibilità dell’acidificazione del latte. Il biofilm della tina contiene anche una varietà di specie non lattiche; si dovrebbe quindi indagare sul loro potenziale ruolo nel generare variabilità delle componenti odorose durante la maturazione del formaggio. In conclusione, la tina in legno è un sistema altamente sicuro, anche per il controllo dei patogeni, ed efficiente per rilasciare batteri lattici termofili nel latte crudo. La variabilità microbica dei biofilm delle diverse tine contribuisce alla biodiversità dell’ecosistema del formaggio Ragusano.
(*) Giuseppe Licitra
(Università degli Studi di Catania, già presidente CoRFiLaC)
e Sylvie Lortal
(ricercatrice Inra – Institut national de la recherche agronomique)
estratto da Caseus Anno XV n.2 marzo/aprile 2010
La ricerca ha stabilito che ogni tina utilizzata per la caseificazione ha una propria microflora – insita nel biofilm che ricopre il legno – che concorre alla caratterizzazione di ciascuna forma in termini organolettici assicurando anche la sanità del prodotto