4 giugno 2013 – Con l’arrivo dell’estate entrano nel vivo gli appuntamenti e le occasioni di incontro per gli addetti del settore caseario in generale e, soprattutto, di quello pastorale e delle piccole aziende. Con “Cheese” di Bra all’orizzonte, che resta il luogo da non mancare, in varie parti d’Italia si vanno organizzando eventi sulla transumanza, sui prodotti tipici. Ogni territorio fa di tutto per portare all’attenzione del grande pubblico i sistemi pastorali e di suoi prodotti. Questi eventi restano l’unica opportunità concreta, per i piccoli produttori, di svuotare i magazzini e vendere ad un prezzo congruo.
Ma se ogni medaglia ha il suo rovescio, purtroppo il “format” di questi eventi non sembra andare al di là del folclore e della vendita. Nonostante il grande parlare che negli ultimi anni si va facendo, i problemi vengono scarsamente messi a fuoco, manca un’analisi serrata delle esigenze degli allevamenti medio-piccoli. Sulla stampa si parla solo di quote, di inquinamenti o di frodi, insomma di questioni legate direttamente o indirettamente ai grandi allevamenti intensivi. Per carità, la zootecnia intensiva è parte importante dell’economia nazionale, ma non è pensabile che debba occupare tutta la scena e lasciare ai margini i piccoli allevamenti, che, peraltro, sono la stragrande maggioranza. Sono certo che le cose non cambieranno, che si continuerà a parlare il linguaggio dell’intensivo, noi vogliamo almeno tenere alto il livello dell’attenzione su qualche tema che riteniamo di fondamentale importanza per il settore.
In questa sede ne voglio accennare almeno due: le legge sull’”alta qualità” del latte ed il pacchetto igiene.
Chi mi legge sa che ritorno spesso su questo argomento. Questa legge, che pretende di stabilire cosa è la qualità, per i piccoli allevamenti, per chi produce un latte di qualità (intesa quest’ultima come aroma, gusto e valore nutrizionale) è una vera ingiustizia perché premia i latti scadenti; per i consumatori una presa in giro perché di qualità ce n’è poca. La zootecnia di montagna, di collina, di chi produce latte e carne trattando i ruminanti da ruminanti, dando cioè agli animali molta erba e molte erbe – che come sappiamo sono alla base della qualità – viene penalizzata solo per i livelli di carica batterica. Oggi il latte di “alta qualità” è prodotto dai sistemi intensivi, industriali, ed il latte che ne deriva è con una carica batterica bassissima, tanto che è molto difficile produrre il formaggio, ma con livelli di complessità aromatica e di molecole nutrizionali molto, ma molto bassi. Una legge che penalizza la quasi totalità dei produttori a favore di pochi. Se vogliamo fermare questa deriva, e la chiusura di aziende che presidiano il territorio, occorre semplicemente annullare questa legge e lasciare al libero mercato ed ai consumatori la possibilità di scegliere il proprio latte.
Nel caso del pacchetto igiene il problema non è la legge quanto la sua interpretazione. Per quello che mi riguarda, trovo che il Regolamento europeo e le leggi di applicazione sono ben fatti soprattutto se tiene conto che in Europa i sistemi produttivi sono molto diversi da una zona all’altra. Il problema quindi non è la legge ma la sua interpretazione, che è lasciata ai servizi veterinari territoriali. Chi opera nel settore sa che da zone anche limitrofe si possono avere interpretazioni diverse e contrastanti. La colpa non è dei veterinari, non foss’altro perché non hanno avuto una formazione tecnica su questi argomenti, quanto del legislatore che ha lasciato loro la facoltà di interpretazione. Ritorno a ripetere quanto ho scritto nell’articolo precedente: le Regioni possono decretare sull’argomento restringendo e vincolando il parere del singolo veterinario. Per esempio: il legno è consentito in caseificio. E nessuno può e deve dire “ma”…
In genere diciamo, ed a ragione, che le riforme non si fanno senza soldi. In questo caso credo che sia possibile. Se vogliamo almeno continuare a conservare l’esistente, a mantenere sul territorio le poche aziende che resistono, dobbiamo eliminare questi ostacoli che sono quasi esclusivamente culturali.
di Roberto Rubino
presidente ANFoSC
(Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo)
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