10 dicembre 2013 – Laudator temporis acti. Tutti, di tanto in tanto, ci perdiamo in ricordi nostalgici, ci soffermiamo a lodare il tempo passato. La Coldiretti però ne ha fatto quasi un punto d’arrivo, un obiettivo da raggiungere. La settimana scorsa migliaia di allevatori (non abbiamo i dati della Questura) hanno raggiunto il valico di frontiera del Brennero per bloccare latte e maiali perché, a loro dire: sono poi contrabbandati come “made in Italy” e perché sono di bassa qualità. Ah, che bello quando Diocleziano, stanco di competere col vino francese, migliore ed a più basso costo, mandò un paio di legioni nella valle del Rodano e fece distruggere tutti i vigneti. “Purtroppo” oggi questo non si può fare ed allora bisogna bloccare le importazioni di prodotti alimentari, nel caso specifico di latte e carne.
Ha fatto bene la Confindustria a criticare questa iniziativa. L’Italia è un Paese manifatturiero, è apprezzato nel mondo per i manufatti alimentari e non. I nostri formaggi, i nostri prosciutti vengono esportati ed apprezzati in tutto il mondo. Ce li facciamo restituire perché la materia prima, a detta della Coldiretti, non è di buona qualità? Questa faccenda della cattiva qualità del latte e della carne che vengono dall’estero è un ritornello che la Coldiretti ripete ad ogni pie’ sospinto, ogni qualvolta succede qualche scandalo o in periodo di crisi del settore. In sostanza, siamo al “dalli all’untore“, al capro espiatorio che, diciamola tutta, fa sempre comodo avere, ma che fa capire subito qual è il livello di elaborazione e di lettura delle questioni che riguardano il settore.
Questo passaggio è di fondamentale importanza perché l’analisi, le soluzioni suggerite finiranno per tradursi, in un successivo momento, in politiche di sviluppo. Allora se noi addebitiamo sempre i nostri problemi ai prodotti importati ed alla loro bassa qualità, le politiche di sviluppo che si adotteranno non porteranno da nessuna parte. Anzi, impediranno di affrontare il vero problema. La Coldiretti dice sempre che il latte che viene dall’estero è più scadente. Che argomenti ha per una tale affermazione? A parte che una frase del genere dovrebbe far presupporre che tutto il latte straniero è simile così come tutto il latte italiano è uguale, ma basterebbe conoscere le diversità di sistema di produzione per capire che, forse, la situazione è opposta.
All’estero, d’estate, le vacche sono quasi tutte al pascolo, in Italia mai (almeno la stragrande maggioranza). Provate a confrontare i dati pubblicati dal Cra-Nut (Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, ex Inran) riferiti al latte di Alta Qualità, all’Uht e al microfiltrato (scarica qui la ricerca pubblicata nel luglio scorso, pdf, 7,2Mb). Se prendiamo il dato della protezione antiossidante (beta-carotene+alfatocoferolo/colesterolo), che al momento resta l’unico indice più significativo di misura della qualità, vediamo che i risultati sono rispettivamente: 5,28; 6,85; 6,38. Cioè, da questi dati risulta che il latte di Alta Qualità italiano è più scadente non solo del microfiltrato ma persino dell’Uht. E non di poco. Come mai? Perché molto probabilmente quel latte Uht viene dall’estero.
Allora il problema non è che il latte straniero è peggiore, e comunque noi non dobbiamo preoccuparci di quello che fanno gli altri. Preoccupiamoci di recuperare la qualità di casa nostra, di valorizzare le differenze. Eliminiamo la legge sull’Alta Qualità, perché il problema è “quella” qualità, modesta e difficile da recuperare se invece siamo convinti che sia davvero “alta”. Smettiamola di stipulare contratti unici nazionali del latte. Il latte non è non deve essere tutto uguale. A ciascuno il suo, la qualità va pagata all’allevatore, e invece oggi il prezzo è fisso, nazionale e se in qualche caso c’è un premio, questo scatta in funzione di grasso e proteine, parametri che niente hanno a che vedere con la qualità.
Servono analisi serie e profonde, non banalità servite come toccasana.
di Roberto Rubino
presidente ANFoSC
(Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo)
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