Latte di qualità (reale): serve un approccio diverso da parte degli allevatori

Vacche al pascolo a Cascina Roseleto, unico produttore di Latte Nobile a garantire oltre 150 giorni di pascolo all’anno – foto Cascina Roseleto©

 28 gennaio 2014 – In Italia, e non solo, il mercato del latte è caratterizzato dal prezzo nazionale, unico per tutti, e da un modello di pagamento basato su quattro parametri: grasso, proteine, carica batterica e cellule somatiche. Il prezzo unico presuppone che tutto il latte sia uguale. Il metodo di pagamento in base a quei parametri dovrebbe fare la differenza, se fosse corretto. Invece, oramai anche molti addetti al settore hanno capito che, semplicemente, quel metodo è ridicolo. Tutti quei parametri non hanno niente e a che fare con la qualità reale del prodotto. Al massimo servono per fare più formaggio, non per fare un formaggio migliore. Quindi, se è falso, questo metodo premia i latti scadenti e mortifica quelli di qualità.

Si spiega così la drammatica caduta della qualità del latte alimentare e di formaggi come quelli freschi e di latticini come la ricotta. Oggi, per avere un formaggio di vacca – beninteso di animali alla stalla, perché al pascolo è un’altra storia – che sappia di qualcosa, bisogna aspettare mesi e mesi di stagionatura. Ma il latte non è tutto uguale, ci sono ancora allevamenti, spesso piccoli, che hanno un sistema di alimentazione accettabile se non buono. La loro qualità non viene premiata perché mortificata da questo metodo di pagamento. Che fare, allora?

Occorre cambiare metodo e, soprattutto, approccio culturale. Di qui il Latte Nobile ed il tentativo di portare sul mercato prodotti di qualità e che ripaghino l’allevatore degli sforzi che fa per resistere sul mercato. Il metodo sta funzionando ed i consumatori della Campania (dove viene distribuito, per ora) ne sanno qualcosa. In questo momento la richiesta del mercato è superiore all’offerta. Occorre altro Latte Nobile. A tale scopo abbiamo organizzato nel Vulture alcune riunioni con gli allevatori per provare a coinvolgerli in quest’avventura. La settimana scorsa abbiamo organizzato la seconda riunione in cui, sinteticamente, abbiamo detto: “il metodo di pagamento è sbagliato, non riconosce la qualità del vostro latte, noi sappiamo che può rientrare nel disciplinare e nei parametri del Latte Nobile, con alcuni miglioramenti da apportare nella qualità del fieno; se accettate di farne parte, vi verrà riconosciuto un aumento del prezzo superiore al 50% di quello che attualmente ricevete”.

Inutile dire che la discussione è stata lunga. Ho provato a raccontare le motivazioni ma anche i nuovi parametri che consideriamo importanti per classificare la qualità del latte. Ho parlato del rapporto omega6/omega3, del Gpa (Grado di Protezione Antiossidante), del metodo di valutazione della qualità dei fieni; infine, dell’entusiasmo con il quale i consumatori prenotano e chiedono il Latte Nobile. Alla fine della mattinata, quando tutti erano ormai andati via, si è avvicinato un allevatore, ha estratto dalla tasca una busta e sottovoce e con enfasi mi ha detto: “veda, dottore, io produco il miglior latte, guardi queste analisi, sono perfette!” Erano le analisi di routine e riguardavano, al solito, grasso, proteine, carica batterica e cellule somatiche.

Mi sono venute in mente le battaglie di Sisifo. I danni fatti dal modello intensivo sono innanzitutto culturali e cambiarne gli effetti sarà difficile, ma bisogna insistere, altrimenti i primi a scomparire saranno proprio questi piccoli allevatori, che fanno un buon latte, ma che l’attuale metodo di pagamento mortifica e offende.

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di Roberto Rubino

presidente ANFoSC

(Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo)


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