Il Latte Nobile si fa plurale: prezzo variabile in base alla qualità dei fieni
118 dicembre 2014 – La fine delle quote latte è ormai alle porte, e siccome le disgrazie non capitano mai da sole, Bruxelles sta per comminare all’Italia un’infrazione per il divieto posto dal nostro Paese all’uso del latte in polvere per la produzione di formaggi e latticini. Di questo passo, se oltre all’utilizzo dei caseinati dovesse essere autorizzato anche il latte in polvere – cosa probabile in quanto le regole del libero commercio devono valere sempre, e non solo quando ci fa comodo – ciò che avremmo da aspettarci sarebbe uno stato di costante fibrillazione del settore.
La mia convinzione è che tutti questi sommovimenti e queste turbolenze non possano far altro che bene al settore. Questo perché la situazione venutasi a creare è talmente incancrenita e incrostata che gli attuali apparati, da soli, non avrebbero né energia né risorse per individuare nuovi percorsi di sviluppo e poi perché, come si suol dire in questi casi, è proprio nei momenti duri che i duri scendono in campo.
Nella sua newsletter del 9 dicembre, la Coldiretti torna a trattare del futuro del latte italiano dichiarandosi “preoccupata che non è stato ancora raggiunto un accordo sul prezzo del latte a causa dell’intransigenza dell’Industria Italiana” e aggiungendo che “sarebbe indispensabile coinvolgere la distribuzione organizzata per la determinazione del prezzo”. Anch’io penso che “la determinazione del prezzo” sia la mamma di tutti i problemi della zootecnia italiana. Ma, a differenza dal sottoscritto, Coldiretti vorrebbe fissare il prezzo unico nazionale, salvo poi prevedere delle piccole variazioni, in funzione della qualità.
Secondo la mia modesta opinione, la crisi del settore dipende proprio dal prezzo unico del latte. Non a caso si dice che il latte è una commodity. Se il prezzo è unico, dovremmo pensare che anche la qualità sia unica. Ma solo chi non conosce il settore può sostenere una tale eresia. E allora, se i latti sono diversi l’uno dall’altro – com’è vero che lo sono – chi fa un pessimo latte riceve un prezzo eccessivo, e chi invece fa un grande latte viene mortificato nel suo lavoro e nella sua dignità. Chi tra i due è destinato a chiudere l’attività? Non ci vuole certo la zingara per indovinarlo, ed è ciò che è accaduto e che continuerà ad accadere. Non per niente la qualità del latte è sempre più modesta (meno mi paghi, meno spenderò per l’alimentazione delle bovine, e più latte cercherò di fare) e se qualcuno vuole toccare con mano questa deriva basta che assaggi una ricotta. Una volta era un prodotto eccezionale, mentre oggi è appena mangiabile perché per renderla un minimo gradevole i produttori vi aggiungono la panna. Mente pediatri e dietologi continuano a raccomandarla ai loro pazienti credendola ancora un prodotto dietetico!
Sapete quindi dov’è la soluzione? No? La risposta è semplice, perché la risposta è esattamente in direzione opposta a quella verso cui il settore sta andando: il prezzo va legato alla qualità, ma non al grasso e alle proteine, che servono solo ad aumentare la resa, ma alla complessità aromatica e nutrizionale.
Questo dovrebbe essere il modello di sviluppo, e siccome da qualche tempo ho capito che è inutile sperare in lor signori, nel nostro piccolo abbiamo avviato un percorso in questa direzione. Già il modello Stabilito con il Latte Nobile ripaga adeguatamente e giustamente una qualità superiore. Ma se la logica è che non tutto il latte è uguale, anche il Latte Nobile non sarà tutto uguale. Quindi, a partire dal 1º gennaio 2015, i nuovi contratti che la Compagnia della Qualità (la commerciale del Latte Nobile) sta definendo in Campania e in Molise, prevederanno un premio o una penalizzazione in funzione della qualità.
Come verrà misurata questa qualità? Dopo varie ricerche fatte in questi ultimi cinque anni e dopo un’attenta verifica della situazione in varie parti d’Italia, abbiamo pensato che la miglior soluzione sia quella di pagare il latte in funzione della qualità dei fieni. Sì, dei fieni, perché se è vero che la qualità del latte dipende dalle erbe diverse e dalla quantità di erba, allora sono i fieni a fare la differenza.
Al momento pensiamo a tre classi di qualità dei fieni. La classe C sarà quella che comprenderà i fieni che hanno ottenuto un punteggio massimo di 70 punti, la B quelli con un punteggio di 80 punti, mentre la A verrà riservata ai fieni con punteggio compreso tra 90 e 100. Avremo anche una classe D, con punteggi al di sotto di 60, e sarà una classe di sosta, in attesa di miglioramento. Chi otterrà questo punteggio avrà qualche mese di tempo per acquistare o produrre fieni di migliore qualità.
La sua retribuzione oscillerà di 2 centesimi per ciascuna classe, con il prezzo medio (al momento 60 centesimi di Euro al litro) che verrà fissato per la classe B. Il 2015 sarà considerato un anno di sperimentazione, dopodiché si passerà a definire un metodo più preciso. Da parte degli allevatori ci aspettiamo uno sforzo verso un miglioramento della qualità dei suoi fieni. Ne saranno felici tutti: l’animale, che mangerà meglio, il consumatore, che avrà un latte più buono, e lo stesso allevatore, che vivrà il riscatto del suo avoro e della sua dignità. Altro che prezzo fisso e unico a livello nazionale!.
di Roberto Rubino
presidente ANFoSC
(Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo)
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