Era oltre un anno che se ne parlava, anzi due. Da allora centinaia di articoli e video hanno accompagnato l’attesa della sua apertura, ormai imminente – mercoledì prossimo 15 novembre – annunciata ufficialmente venerdì scorso durante un’affollata presentazione alla stampa (la conferenza è disponibile qui in un video di circa un’ora) italiana ed estera.
Stiamo parlando di FICo, che è sì l’acronimo di “Fabbrica Italiana Contadina”, ma anche un nome voluto per preparare le boutade del suo patron, Oscar Farinetti da Alba, che oggi ne parla – c’era da immaginarselo – come del “posto più fico da visitare”, ovviamente. Per chi non lo conoscesse – o non lo ricordasse – Farinetti è il magnate della Gdo che, dopo essersi arricchito nel 2003 con la vendita della sua UniEuro (ceduta per 528 milioni di Euro alla public company inglese Dixons Retail), ha fatto una vera e propria fortuna nel commercio alimentare, a partire dal 2004, grazie alla creazione e alla gestione (da molti definita disinvolta, in quanto a dinamiche salariali e rapporti con il mondo della politica: leggi qui e qui, ndr) di Eataly, il supermercato del cibo di lusso (con ristoranti e laboratori artigianali inside) che conta nove filiali in Italia, nove in Giappone e una negli Usa.
Bene, FICo – o meglio FICo Eataly World: questa la sua dizione completa – è stata presentata all’interno di una giornata totalmente dedicata ai media, offrendo il massimo supporto e tutte le informazioni necessarie a giornalisti, editori e blogger per dar loro modo di parlare e scrivere, dopo aver visitato la cittadella che si propone di offrire un concentrato di esperienze totalizzanti e mirabolanti del made in Italy culinario. Ma che, e lo vedremo più avanti in questo articolo, per quanto si sia voluto fare, dimostra diverse e serie pecche di varia natura nel proporsi come “la” vetrina dell’agroalimentare italico.
Come prevedibile, la presentazione della nuova impresa di Farinetti ha avuto un grande risalto mediatico nel corso del fine settimana (700 i giornalisti ufficialmente registrati, ndr), su centinaia di media d’ogni genere e taglio editoriale, quasi tutti impegnati a descrivere il “bello” e l’”utile” di quella che da molti è stata definita “la Disneyland del cibo italiano”. Poche ma vivaci le voci di dissenso, prevalentemente di parte, o di partito che dir si voglia, con i media di centro-destra banalmente schierati a sminuire un’iniziativa fortemente voluta dall’amministrazione bolognese – piddina – e appoggiata su infrastrutture, beni mobili e immobili su cui Bologna ha investito (soldi pubblici) più di Farinetti.
Mancano i terroir e i valori locali
Nell’astenerci dal darne una descrizione, in quanto questo compito è stato già espletato abbondantemente da altri media (ne troverete a bizzeffe cercando sui canali d’attualità presenti sul web, a partire da Google News), ci corre l’obbligo di sottolineare quanto, raccontando di FICo, sia fuori luogo parlare di biodiversità, di produzioni locali, di eccellenze territoriali reali, laddove semplicemente sono le singole terre di ogni singolo luogo (i terroir), i saperi locali, il sole locale, i venti e i profumi di un territorio a caratterizzare la gran parte dei prodotti di vero valore.
Quindi, spazio sì all’artigianato del cibo – purché sia quello che non necessita di radici – e occhio allo sforzo di proporre un compendio di riproduzioni sradicate dai loro luoghi d’origine (un esempio su tutti: cosa ci fanno due ulivi secolari calabresi a Bologna?). Riproduzioni e decontestualizzazioni, quindi, forzature ed estraniazioni come elementi di attrazione di per sé poco interessanti in quanto alienate dai luoghi d’origine, ma interessanti nel complesso per capire poi quanta gente ci sarà, e da dove arriverà per farsi abbagliare dalla sintesi parziale (ci sarà chi paga, ovviamente, quindi non tutti), oltre che artefatta, che verrà proposta.
Inceneritore e conflitto di interessi
Infine – last but not least – riportiamo la più seria delle obiezioni che sono state mosse all’operazione bolognese di Farinetti, quella arrivata dal giornalista Antonio Amorosi attraverso il video “FICo Eataly World Inceneritore”, pubblicato il giorno prima della conferenza di presentazione e immediatamente ripreso dal sito web “Affari Italiani”, che sottolinea come in “certi giorni, all’ingresso dell’impianto i fumi avvolgono l’aria fino al cielo e sembra di essere caduti in mezzo ad una nebbia densa e impenetrabile” (leggi qui l’articolo).
Nel suo servizio Amorosi intervista Farinetti, chiedendo lumi sulla presenza dell’inceneritore di proprietà del Comune di Bologna, situato a un chilometro e mezzo dalla “fabbrica contadina” e già – a quanto pare – contestato nel 2012 dal movimento di Medicina Democratica. Analisi alla mano, i sanitari dell’associazione rilevarono la presenza di cadmio in quantità da tre a dieci volte superiore ai limiti di legge. Interessante (e sorprendente) ora – solo ora – ascoltare le risposte dell’uomo d’affari piemontese al garbato incalzare dell’interlocutore. Cadendo dalle nuvole, Farinetti taglia corto, dicendo che «se il comune non mi ha avvisato vuol dire che è tutto a posto».
In attesa di conoscere la posizione ufficiale del municipio felsineo, la ciminiera di quello che ha l’aspetto di un eco-mostro (esteticamente mal si concilia con l’idea di un’agroalimentare di qualità, ndr) svetta lì, a breve distanza da questa ficata: di certo non passerà inosservata agli occhi dei più. Su questo apetto della vicenda si auspica quanto prima la necessaria chiarezza, e si spera che a investigare (è giusto pretendere analisi recenti dell’aria, dei suoli e delle acque, ndr) non siano gli enti locali preposti a questo, tutti legati al Partito Democratico: il conflitto d’interessi è un elemento che, nel dipanare questa matassa, non vorremmo neanche prendere in considerazione. E che, si spera, l’amministrazione bolognese vorrà evitare di proporre, se non altro per escludere ulteriori e ancor più forti polemiche.
13 novembre 2017
Per approfondire
Il video istituzionale di presentazione (in inglese), è qui
Per il video di denuncia sull’inceneritore, clicca invece qui
Qui c’è il video in cui Farinetti dice di essere “nel mirino per aver fatto le cose in grande”
E qui, in ultimo, il sito web di FICo