Ismea: in calo nel 2012 la redditività degli allevamenti da latte

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Dopo una prima fase di flessione sul fronte dei prezzi alla fonte, il mercato lattiero-caseario mondiale sta mostrando nella seconda parte dell’attuale campagna produttiva chiari segnali di ripresa, seppure con prezzi assestati su livelli mediamente inferiori al biennio 2010-2011. Il depauperamento delle scorte globali e la pressione nella domanda delle commodity da parte dei Paesi emergenti, lasciano comunque presagire un prossimo riacuirsi delle tensioni sui mercati.

Secondo l’analisi Ismea “Dinamiche recenti del mercato mondiale e nazionale del settore lattiero-caseario”, che verrà presentata oggi a Cremona, in occasione della 9a edizione degli Stati Generali del Latte, l’offerta mondiale di questa materia prima, con un incremento produttivo complessivamente stimato attorno al 2%, non tiene il passo di una domanda che cresce a ritmi decisamente più sostenuti. La grave siccità che ha colpito il Midwest statunitense la scorsa estate, mettendo a secco uno dei più grandi granai del pianeta, ha inciso notevolmente sulla resa delle lattifere, con gravi riflessi anche sui costi per l’alimentazione bovina.

“Nell’Europa a 27” – spiega l’analisi Ismea – “i primi sette mesi del 2012 hanno fatto registrare un incremento dell’1,5% delle consegne di latte vaccino e un aumento delle esportazioni del latte magro in polvere e formaggi rispettivamente del 22% e del 13%, confermando la leadership del vecchio continente in questi mercati”. In particolar modo per il primo dei due la dinamica positiva della domanda estera ha pressoché azzerato le scorte di magazzino, spingendo in alto i prezzi negli ultimi mesi (+ 26% a settembre rispetto a un anno fa).

 

Uno sguardo infine all’Italia viene dato dallo studio dell’istituto di via Nomentana, che “per il momento sembra reagire parzialmente agli stimoli del contesto internazionale. Nelle ultime settimane”, spiegano gli analisti, “si è assistito ad un rallentamento della dinamica negativa dei prezzi che ha interessato l’intero settore lattiero-caseario nei primi nove mesi del 2012 (-6,4% su base tendenziale), dopo gli elevati livelli raggiunti lo scorso anno”.

 

Sul fronte dei costi, i dati restano allarmanti e rivelano una forte erosione della redditività delle aziende. Secondo l’indice dei mezzi correnti di produzione elaborato dall’Ismea, nei primi nove mesi del 2012, l’aggravio degli oneri a carico degli allevamenti di bovine da latte risulta del 2,5%, andandosi ad aggiungere al rincaro medio dei fattori produttivi del 9,5% dello scorso anno. Continuano intanto a correre le esportazioni, registrando un +5,7% per formaggi e latticini nei primi sette mesi del 2012, dopo la buona performance del 2011 (+3,8% in volume e +15,1% in valore).

 

Resta il fatto che il depauperamento dei valori nutrizionali apportati alla matreria prima da un’alimentazione povera di sostanze nobili (Cla, Omega3, betacarotene, etc.) ha appiattito il valore dei latti, portandoli all’equiparazione di unicum, vale a dire poi ad essere trattato come una qualsiasi comodità e in quanto tale a subire il prezzo imposto dall’industria. Per capire cosa hanno perso i vari allevatori riconvertiti dalla zootecnia estensiva a quella industriale, basti guardare al mondo dei formaggi realmente tipici, che nonostante la crisi reggono anche sul mercato interno, e ai latti di qualità superiore – uno fra tutti il Latte Nobile dell’Appennino Campano – che a tutt’oggi riesce a spuntare 60€/cent al litro, con somma soddisfazione degli allevatori che a quel network aderiscono.

 

27 ottobre 2012