6 aprile 2009 – Il 2008 del Parmigiano-Reggiano chiude con un calo alla produzione pari al 2,14% rispetto all’anno precedente (-66mila forme circa rispetto ai 3.080.600 forme del 2007) e una flessione delle quotazioni che si attesta attorno al 5%, con i prezzi al consumo che, seguendo la tendenza speculativa degli operatori commerciali (Gdo in testa), balzando in avanti di un 5%.
I dati, che emergono dal bilancio consuntivo 2008 del Consorzio di Tutela del Parmigiano-Reggiano, sono stati resi pubblici nel corso della recente assemblea dei delegati – riunitasi per eleggere i nuovi componenti del consiglio di amministrazione – e lasciano emergere lo stato di profonda crisi in cui l’ex re del formaggio italiano versa da oltre un anno.
Interessante registrare la sostanziale crescita degli investimenti a favore dell’export (+1,6 milioni) caratterizzata dall’introduzione della nuova attività strategica riguardante i progetti incentivanti operati in accordo con gli esportatori.
Nel presentare i dati, il presidente del consorzio, Giuseppe Alai, ha sottolineato che «l’obiettivo delle 150mila forme ritirate dal mercato è stato raggiunto» – anche a seguito, notiamo noi, del maxi-prelievo ministeriale operato in ottobre grazie ai fondi Agea – «creando le condizioni per un possibile aumento delle quotazioni all’origine».
Ed è proprio attraverso la “spintaneità” dell’iniziativa operata dal Mipaaf in favore delle due più grandi major casearie italiane che si è anche registrato un cambiamento storico nell’atteggiamento di questo consorzio nei confronti dei “fratelli-coltelli” del Grana Padano. Sino ad allora in sostanziale contrasto tra loro, e oggi volenti o nolenti – a operare iniziative comuni sotto gli ombrelli del ministero e di Buonitalia, che mai una volta riescono ad offrire un’opportunità reale alle piccole realtà rurali, che rappresentano nell’insieme la grande varietà casearia della tradizione italiana.
L’Italia dei prodotti più autentici, preda di una globalizzazione tanto evidente quanto poco considerata da chi li governa, si condanna ad un ridimensionamento numerico delle proprie tipicità e delle proprie culture rurali.