Di italiano il professor Nicola Persico ha poco e nulla, se si escludono il cognome, il nome e le origini. Il professore fa parte dell’establishment economica statunitense, ricoprendo il ruolo di docente alla Northwestern University’s Kellogg School of Management, ed essendo eminente esperto di settore e opinionista. Per la precisione il professore insegna Economia Manageriale e Scienza delle Decisioni. Da uno dei suoi ultimi scritti(1), pubblicato giovedì scorso sul sito web del prestigioso bisettimanale statunitense Fortune, si possono desumere in modo chiaro alcuni dei punti di vista dell’industria agroalimentare di quel Paese sul tanto discusso Ttip, che ufficialmente sta per “Transatlantic Trade and Investment Partnership” (un accordo per il libero scambio tra Usa e Unione Europea, da più parti tacciato di essere portato avanti nella più assoluta segretezza) e dietro il quale si celano non poche insidie per l’Europa: per i propri consumatori, per l’industria, l’economia, il mercato e il bene collettivo (l’immagine di apertura riproduce uno dei tanti marchi che i vari movimenti spontanei nati su questa problematica si sono dati).
Fortune è il classico media che ha costruito il suo prestigio e il suo potere su vari fattori, due dei quali sono ben evidenti: l’essere strumento delle più spietate lobby a stelle e strisce e il non parlare tanto per dire. Sulle sue pagine, cartacee o virtuali che siano, non troverete mai spazi offerti ai primi arrivati, pezzi di “alleggerimento” o contenuti che non abbiano un senso. E un peso. Come nel caso dell’articolo del “nostro” professore, che, a dispetto delle non poche approssimazione che contiene, ha un titolo da far tremare i polsi: “Why Parmesan cheese may cease to exist in America”, vale a dire “Perché il Parmigiano può cessare di esistere in America”.
Più che un articolo quello di Persico appare come un intervento a gamba tesa sull’economia agroalimentare europea, basato sull’abuso del neoliberismo più spietato, fondato su interpretazioni del tutto personali del suo autore, che, approfittando forse della diffusa ignoranza del pubblico statunitense, propone erronee chiavi di lettura, come quando – citando il sistema dei marchi di protezione (Gi, Geografical Indication) – li declassa a semplici e incomprensibili “concetti” (“…a concept called geographical indications…”) e parlando dell’Unione Europea ce la descrive come “pignola” (“…The EU is fond of being sticklers for naming their foods a certain way…”). Ma non solo: andando avanti nella lettura si arriva a scoprire che in Italia il “Parmesan” può sì essere “Parmigiano Reggiano” ma che al tempo stesso è disponibile anche con il marchio “Grana Padano”, meno esclusivo e meno costoso (“…in Italy parmesan cheese is also available under the less exclusive – and cheaper – brand Grana Padano…”). Un punto di vista assai curioso, come se il Persico non sapesse di cosa parla, volesse abbindolare i lettori sprovveduti (negli Usa, non pochi) e rischiare la figura del mistificatore in Europa.
Concludendo, il docente della Northwestern University’s Kellogg School of Management confessa ai suoi lettori che “probabilmente gli Stati Uniti resisteranno” alla spinta europea, e che in tal senso sono in corso dei (segretissimi, ndr) negoziati. L’ultimo messaggio poi, rivolto ai consumatori Usa, è la ciliegina sulla torta: “Se la posizione dell’Unione Europea prevarrà, i consumatori statunitensi rischiano di non trovare più molti prodotti che oggi giungono sulle loro tavole”.
Mala tempora currunt, cari lettori: queste premesse, sommate all’accondiscendenza del Governo Renzi nei confronti delle pressioni Usa (ultima, l’acquisto degli F35, ormai accettato senza riserve, ndr) non consentono di vedere grandi prospettive. A meno che qualche Stato del Vecchio Continente, dotato ancora di qualche dignità – Francia e Germania, ad esempio – non decida, difendendo la propria, di difendere anche la nostra causa.
8 giugno 2015
(1) Chi voglia leggere l’articolo del professor Nicola Persico (con la collaborazione di Nicola Scocchi, assistente parlamentare Ue) su Fortune può raggiungerlo cliccando qui