La fine della politica del figlio unico, annunciata in Cina negli ultimi giorni di ottobre, sta portando i primi contraccolpi finanziari ai grandi attori internazionali del mercato lattiero-caseario. Per quanto gli analisti parlino di una crescita demografica importante – stimata tra tre e otto milioni di nascite in un anno – le ripercussioni in atto indicherebbero unicamente una tendenza che poco ancora può svelare sugli scenari futuri.
Una cosa è certa su tutte: dopo lo scandalo del latte alla formaldeide registrato anni fa nel Paese, con alcuni neonati morti e decine di migliaia ospedalizzati, il mercato cinese ha da tempo fatto la sua scelta, che è quella di acquistare all’estero il latte formula. Su questo fattore sono in gioco dinamiche inimmaginabili per i comuni mortali, su cui in questi giorni si stanno registrando le più disparate congetture. In Oceania, ad esempio, gli esperti del settore lattiero-caseario vedono prospettive molto appetibili ma al contempo definiscono la partita troppo grande per poter essere giocata da un solo o pochi player.
Tanto nel caso in cui la Cina voglia rilanciare l’import dai Paesi dell’emisfero australe (ma segnali si registrano anche in Argentina) quanto nel caso in cui intenda sviluppare il mercato agricolo interno, cercando partner in grado di sostenere questo sviluppo. In sostanza le previsioni parlano di un incremento globale della domanda di prodotti lattiero-caseari da parte della Cina pari al 38%, da qui al il 2022. Ma su quanto saranno rapidi i prossimi cambiamenti nessuno scommetterebbe un cent.
Per adesso, le prime ripercussioni all’annuncio della fine della politica del figlio unico (che fu instaurata nel 1979 per frenare una popolazione in aumento in un momento di estrema povertà del Paese) hanno fatto registrare un apprezzamento del dollaro neozelandese che ha sfiorato l’1%, ed un balzo in avanti delle azioni di aziende leader come Danone e Nestlé. A subire contraccolpi negativi – manco a farlo apposta – sono stati per ora i principali produttori di profilattici, tanto sul mercato interno quanto sullo scenario internazionale.
Quest’anno i prezzi mondiali del latte in polvere sono crollati anche a causa di un rallentamento delle importazioni cinesi, sino a raggiungere, nell’agosto scorso, quelli del 2008. In futuro è assai probabile che si possa registrare una qualche ripresa delle quotazioni del latte, ma al momento nessuno azzarda previsioni su questa prospettiva: la Cina è il più grande consumatore mondiale di latte in polvere (assorbe quasi la metà della produzione mondiale) e ciò basti per nutrire un po’ di fiducia verso un’inversione di tendenza.
9 novembre 2015