Era partita, nei giorni scorsi, come l’ennesima e sacrosanta rivendicazione sul prezzo del latte, pagato agli allevatori 35 centesimi e venduto al pubblico a un euro e mezzo. Hanno deciso di manifestare marciando coi loro trattori sulla Centrale del Latte di Roma, e per farlo sono finiti per chiamare quella loro protesta “guerra del latte”, con i toni esasperati di chi davvero non ce la fa più a tirare avanti (un litro di latte costa all’allevatore 42 centesimi) e decide di tentare il tutto per tutto: trattori da varie parti del Lazio in marcia su Roma, quindi, e raccordo stradale nel caos per un corteo lento e imponente che dall’ingresso “Laurentina” all’uscita 12 (quella denominata appunto “Centrale del Latte”) è riuscito a congestionare il traffico nella mattinata di ieri.
La presenza alla manifestazione del sindaco Gianni Alemanno ha portato tra i manifestanti l’entusiasmo delle grandi occasioni, tra chi l’entusiasmo lo aveva dimenticato da qualche tempo. Gli allevatori esasperati hanno trovato per una mattinata il proprio capopopolo andare oltre i temi di un prezzo equo per chi produce, e rilanciare la necessità di una giusta soluzione, che vedrebbe le vere vittime di questa vicenda diventare protagonisti del loro futuro.
Come per tutte le grandi occasioni, Alemanno non se lo è fatto chiedere due volte, accettando l’invito a partecipare al presìdio, giunto – secondo le versioni ufficiali – dalla Coldiretti. Anche se qualcuno tra i più vicini a questa storia ha commentato che nulla sia accaduto per caso, e che la piega presa negli ultimi giorni non sia stata del tutto casuale. Vale a dire che il vero orchestratore di questa protesta sarebbe stato proprio l’ex ministro dell’agricoltura, preoccupato da mesi di risolvere l’affaire della locale centrale del latte, dopo che il Consiglio di Stato, alla fine dello scorso inverno aveva dichiarato nulla la vendita da Cirio a Parmalat (avvenuta nel 1998), passando di fatto la patata bollente nelle mani del Comune capitolino.
«Dobbiamo fare in modo», ha detto con grande enfasi Alemanno ai presenti, «che la proprietà della Centrale del Latte sia consegnata ai produttori e agli allevatori, non alle multinazionali». Gli errori del passato (una speculazione: il gruppo di Cragnotti vendette a quello di Tanzi ad un prezzo quadruplo rispetto a quello d’acquisto, in barba al divieto contenuto in uno dei vincoli contrattuali) hanno riportato la Centrale del Latte di Roma nelle mani del Comune, il quale ora non può perdere la grande occasione di liberarsi del “peso” che essa rappresenta, cedendola a chi, naturalmente, potrebbe farne una soluzione dei propri attuali problemi.
Un “popolo” di oltre duemila allevatori dovrebbe quindi, nei progetti di Alemanno, acquisire l’azienda (che ha un costo attorno ai centocinquanta milioni di euro) in compagnia di una industria del settore lattiero-caseario, di cui non si conosce ancora il nome, e – forse – di almeno un’altra realtà, che potrebbe inizialmente essere proprio il Comune capitolino.
Nella serata di ieri il gruppo Pdl della Regione Lazio ha tenuto a sottolineare che l’auspicabile passaggio della Centrale del Latte di Roma nelle mani degli allevatori salvaguarderebbe gli allevatori stessi, i dipendenti della centrale e i consumatori, che attualmente, sottolinea la Coldiretti, acquistano un latte solo in parte locale, visto che «dei nove milioni e mezzo di litri di latte lavorati nella nostra regione», ha affermato Massimo Gargano, presidente laziale del sindacato agricolo, «circa cinque arrivano dall’estero».
19 maggio 2010