Era ora che anche la televisione dedicasse al settore lattiero-caseario un’attenzione vera, un approfondimento che andasse oltre le solite imbeccate di Coldiretti e Confagricoltura. Una volta tanto i giornalisti hanno fatto il loro dovere, documentandosi , approfondendo, e andando a raccogliere il disagio dei diretti interessati, gli allevatori, presentando né più né meno la situazione per quello che è , in maniera reale e cruda, senza risparmiare critiche a chi non ha vigilato, protetto e salvaguardato il settore.
A trattare la crisi del comparto ci ha pensato la redazione di Annozero, la trasmissione di Michele Santoro in onda su Rai Due, con la puntata di mercoledì 9 giugno, e chi volesse seguirne i passaggi più interessanti potrà visionarli sul canale YouTube, attraverso i link presenti in calce a questo articolo.
Il bel reportage, intitolato “Padania al verde” e firmato da Roberto Pozzan e Monica Giandotti, e seguito dalla bellezza di 3.812.000 spettatori (17,27% di share) ha messo a nudo molte delle tematiche trattate in questi anni dal nostro sito, provocando la forte reazione del quotidiano La Padania, che domenica scorsa 13 giugno ha sparato a zero sulla trasmissione di Rai Due, con un duro pezzo di Luigino Vascon, battagliero assessore all’agricoltura della Provincia di Vicenza.
L’articolo di Vascon, intitolato “Da Santoro solo faziosità contro il mondo agricolo” ha sciorinato i veleni di chi non accetta le critiche di chi è riuscito a confutare una volta per tutte e davanti al vasto pubblico televisivo le reiterate ragioni di una classe politica mai del tutto all’altezza di gestire la questione agricola e zootecnica in maniera adeguata.
Da anni i danari dei finanziamenti pubblici fluiscono nelle casse delle major del settore, lasciando che alle piccole aziende vadano le briciole. Da anni chi doveva sapere sapeva senza intervenire. Sapeva dei fiumi di latte, e di tonnellate di cagliata importati da ogni dove per produrre formaggi “italiani” che di italiano hanno solo il nome e l’apparenza. Ma tant’è: il presidente di Federalimentare Gian Domenico Auricchio non ha mai nascosto la sua originalissima teoria secondo cui il “made in Italy” caseario si può e si deve fare senza latte italiano, essendo il know-how della trasformazione, secondo Auricchio, l’unico fattore degno di essere difeso e conservato (Qualeformaggio ne parlò già nel marzo dello scorso anno; chi volesse rinfrescarsi le idee clicchi qui).
Da anni gli allevatori debbono subire il prezzo dell’industria, oramai da tempo modellato sulle quotazioni al ribasso dei Paesi dell’Est Europa, o della Nuova Zelanda, che vende ai nostri caseifici financo il latte in polvere, che una volta rigenerato si trasforma in insospettabili forme commercializzate a prezzi sempre più bassi, secondo le necessità proprie della grande distribuzione.
Tutto questo dà fastidio, ovviamente, e dà fastidio in primis ai leghisti, il cui ministro Zaia ha saputo portare all’agricoltura italiana molto meno di quanto la sua attività mediatica ha dato a crederci. A partire proprio da quella tracciabilità in etichetta che a suo dire era ormai conquistata e che avrebbe costretto gli industriali a rivelarci la provenienza della materia prima e che l’Unione Europea ha recentemente rigettato.
Parla Vascon, nell’articolo, della “sua” legge 250/2000 (n. 208, pubblicata in GU il 6 settembre 2000) sui traccianti obbligatori nel latte in polvere ricordando che “la norma vieta di detenere latte e latte scremato in polvere destinati ad usi zootecnici negli stabilimenti o depositi nei quali si detiene o si lavora latte destinato al consumo alimentare diretto ovvero a produzioni casearie o assimilate come pure prevede sanzioni pesantissimi multe e confisca dei prodotti detenuti – per chiunque lo ponga in commercio ovvero lo utilizzi in processi produttivi privo dei traccianti di cui sopra”, aggiungendo che tale legge venne poi bloccata dall’Ue per proteggere i produttori francesi e tedeschi, addossando la responsabilità di questo ai governi della sinistra. Come se gli altri che si sono alternati a quelli fossero indenni da tale responsabilità.
Chissà se Vascon abbia mai chiesto al suo conterraneo e collega di partito Luca Zaia di fare qualcosa per rilanciare una legge in tal senso. Un dubbio che potrà anche rimanere insoltuto. Tanto le poltrone di lor signori sono una delle due sole cose certe di questa maledetta storia. L’altra è che centinaia di aziende zootecniche, la gran parte padane (molte vicine alla Lega, e che dalla Lega si sentono tradite), stanno via via chiudendo i battenti.
Unica nota di speranza per il settore è quella di una reale riqualificazione, che non punti alle quantità ma alla qualità reale, testimoniata dall’unico servizio di “Padania al verde” che abbia offerto una prospettiva non plumbea. Ad essere intervistati Piero Sardo di Slow Food e Roberto Rubino dell’ANFoSC (Associazione Nazionale Formaggi Sotto al Cielo, qui sopra nel corso dell’intervista). Chi voglia sapere come muoversi per salvare il salvabile non dovrà mancarne la visione, cliccando qui.
Per chi volesse approfondire, ecco i passaggi salienti di “Padania al verde”, disponibili sul canale web YouTube:
http://www.youtube.com/watch?v=J9j3L0sWN7Y
http://www.youtube.com/watch?v=oVE_feilVpc
http://www.youtube.com/watch?v=2UnrhkduWPo
http://www.youtube.com/watch?v=OE_DaBUKgmk
http://www.youtube.com/watch?v=mfQhLWP4ZvQ
Per chi preferisse ottenere l’intera trasmissione basterà cliccare qui
17 giugno 2010