La zootecnia intensiva celebra se stessa, non il suo fallimento

Una stalla in cui viene prodotto il ''latte sostenibile'' della Mukki, Selezione MugelloA poco servono i freni delle quote latte, il prezzo in picchiata della materia prima, la crisi collettiva del settore, i caseifici industriali che acquistano latte nei Paesi dell’Est e il latte in polvere dalla Nuova Zelanda.

Per certi soggetti pare che nulla di ciò accada, tant’è che annualmente organizzano e partecipano a fiere, convegni, concorsi e aste, tutti legati all’iperproduttività e tutti tessuti sulla matrice comune della “genetica da record”. Come a dire – ultimo settore a farlo e quasi ad andarne fiero –  che fare quantità (e non qualità) è cosa buona e giusta.

È così che, anno dopo anno, si rinnova a Cremona la Fiera Internazionale del Bovino da Latte, giunta ormai alla 65esima edizione e conclusasi lo scorso 31 ottobre. A muoversi nei suoi padiglioni e all’interno dei convegni con un po’ di coscienza critica sul mondo zootecnico c’è da non credere ai propri occhi e alle proprie orecchie: soluzioni per ridurre l’infertilità (una delle conseguenze della genetica iperselezionata), sistemi per evidenziare mastiti incipienti (problema indotto dall’iperproduttività), cosa fare dei nitrati in eccesso e, dulcis in fundo: l’industria del farmaco zootecnico che parla di benessere animale.

Su questo poco condivisibile e ipocrita modo di fare (il vero benessere degli animali è legato alla zootecnia estensiva e rurale, non a quella intensiva e industriale) le responsabilità del legislatore e il fare delle lobby del farmaco sono palesi e crescenti e al consumatore attento non resta che rifuggire da un tale mercato instaurando rapporti di fiducia con i propri fornitori (bisogna documentarsi, e conoscere i sistemi allevatoriali di trasformazione “puliti” e rispettosi dell’ambiente e della salute del consumatore) e comperando i loro prodotti (è un’azione anche sociale, che permette di mantenere in vita una zootecnia un mondo produttivo sani) attraverso gruppi di acquisto, direttamente nelle aziende o da commercianti di fiducia.

Ultima “chicca” riguardante la kermesse cremasca delle lobby intensiviste è stata quella – più unica che rara – che ha visto la Castelverde Farm ospitare la “European Classic Sale”, vendita all’asta di esemplari Holstein e Red Holstein (Frisone  e Frisone Rosse, o Pezzate Rosse) provenienti da sei Paesi (Francia, Germania, Inghilterrra, Irlanda, Italia, Olanda). Un’occasione buona, dicono gli “esperti”, per tessere importanti rapporti anche con investitori extracontinentali. Una curiosità? Una bovina della Willsbro Emilyangle, campionessa e riproduttrice, è passata di mano per 107mila euro.

Il mercato è in crisi ma a volte è come se i suoi principali fautori non se ne fossero accorti.

3 novembre 2010