L’accordo economico tra Ue e Giappone manda in bestia Assolatte

foto dalla pagina Facebook Parmigiano Reggiano Jap©

Una nuova sigla da tenere a mente si aggiunge a quelle coniate negli ultimi anni (CETA, TTIP) sul fronte degli accordi economici internazionali, che oltre a favorire le corporazioni industriali preoccuoano i piccoli produttori e i consumatori più coscienti. Si tratta dell’EPA (Economic Partnership Agreement), l’intesa che sta prendendo corpo in queste settimane con l’obiettivo di regolare – a partire dalla primavera del 2019, con la ratifica del Parlamento Europeo – gli accordi di libero scambio tra i Paesi aderenti all’UE e il Giappone.

L’accordo, avviato dalle parti nel 2013, è ora in fase di definizione giuridica, e già manifesta i suoi meccanismi e i contorni che assumerà una volta attuato. L’intesa, che è stata presentata giovedì scorso ai rappresentanti dei 28 Stati membri, è già disponibile online, in una sua prima stesura, nell’ottica della massima trasparenza per i cittadini, anche se non si vede quali strumenti questi abbiano per spostare le decisioni né manifestare il loro eventuale dissenso. Tra le intese raggiunte si fanno notare l’abolizione delle tariffe doganali e l’intenzione delle parti ad affrontare un’ampia serie di barriere non tariffarie che renderanno più agevole l’accesso al mercato nipponico.

Se lo scenario nel suo complesso fa registrare commenti favorevoli, la reazione dell’industria del latte appare assai critica, nella forma e nella sostanza, per la sorte che attende il made in Italy in un mercato in grado di assorbire 10mila tonnellate di formaggio all’anno, per un fatturato complessivo che si aggira attorno agli 80 milioni di euro.

Ad esprimersi su queste criticità è stata Assolatte, che in una nota stampa ha definito i termini dell’intesa come “i peggiori mai negoziati dall’Unione Europea in un accordo commerciale”. In pratica, e in via del tutto teorica, le maggiori dieci Dop italiane (Asiago, Fontina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio) verranno tutelate (perché le altre no?).

Ma nella sostanza subiranno la concorrenza – ritenuta sin ora sleale – dei vari Parmesan, Reggianito e Combozola, visto che nulla è stato fatto per renderli registrabili in Giappone. Una questione, questa, di fronte alla quale la prima obiezione logica rischia di rimanere senza risposta. E sì, perché chiunque si chiederà a cosa servano i marchi di protezione (Dop, Igp, Stg) se non riescono a proteggere i prodotti.

Quel che salta agli occhi in questa vicenda è l’atteggiamento incongruente dell’Unione Europea, che si rimangia oggi quanto sinora fatto per proteggere i propri prodotti dalla concorrenza sleale dei rispettivi cloni. Ratificare in un accordo di questa portata che su un mercato straniero possano circolare sia Parmigiano Reggiano che Parmesan è il peggior autogol che l’Ue avrebbe potuto segnare, laddove l’atteggiamento della Commissione Europea accantona di fatto la protezione dei formaggi italiani, liberalizzando le imitazioni. In sostanza verranno tutelati, sì, i nomi composti Grana Padano e Pecorino Romano, ma chiunque potrà vendere in Giappone un ”grana pincopallino”, un ”padano vattelapesca” e un ”romano di fantasia” prodotti ovunque e in qualsiasi modo, ma ammiccanti al nostro “made in italy”.

Marginalmente a questa sostanza, in qualche dettaglio l’accordo risulterebbe difendibile, per quanto su aspetti purtroppo marginali. Ad esempio sull’origine del prodotto in etichetta, che sarà obbligatoria.

29 gennaio 2018