Rivelazioni quantomeno scomode per il sistema lattiero-caseario di Israele. Sono arrivate martedì scorso dal Dr. Yaakov Shimshoni, ricercatore della Agricultural Research Organization, Volcani Center (Organizzazione per la Ricerca Agricola, Centro Volcani), impegnato in uno dei tanti studi scientifici su dei campioni di latte.
La ricerca di Shimshoni era orientata ad individuare qualche presenza “anomala” nei latti inviati al laboratorio di analisi, ovvero un non meglio precisato prodotto chimico che normalmente non dovrebbe essere nella secrezione mammaria delle vacche. La meraviglia che lo deve averlo assalito nel leggere l’esito dei test dev’essere stata grande, già che la lista degli “intrusi” si è rivelata tutt’altro che breve e piuttosto “ingombrante”.
Come suol farsi in questi casi, la cautela è d’obbligo e le analisi si fanno di nuovo, magari cambiando laboratorio o attrezzature, mantenendo come costante la fonte di approvvigionamento. Ripetute le analisi, presso il laboratorio della Facoltà di Agraria della Hebrew University, il problema era ancora lì, confermato nella sua tragica gravità: otto i pesticidi presenti ma anche – udite udite – residui di almeno diciassette medicinali, tra cui un antidolorifico – l’ibuprofene – e un farmaco anti-colesterolo – il bezafibrato – solo per citarne due. E come se ciò non bastasse, anche delle tracce di caffeina. [continua dopo la pubblicità]
In pratica, ogni confezione di latte da cui sono stati effettuati i prelievi ha disvelato tracce di pesticidi e di medicinali, nessuna esclusa.
Le cronache non riportano cosa sia accaduto tra la scoperta e la denuncia del fatto – se il Dr. Shimshoni si sia consultato o meno con i suoi superiori e se della cosa siano stati investiti o meno gli enti che sovrintendono la produzione del latte. Sta di fatto che il ricercatore, responsabile dello studio in corso, ha deciso di denunciare la grave situazione, e lo ha fatto pensando ai consumatori, alla salute pubblica, che di questi tempi è già sottoposta a pressioni straordinarie.
Il problema è legato all’alimentazione delle lattifere
«Nessuno sta verificando», ha dichiarato Shimshoni, «se l’alimentazione somministrata alle bovine da latte contiene sostanze contaminate come i pesticidi. A nessuno questo pare importare». Dal suo canto, il ministero della Sanità ha cercato di scrollarsi di dosso ogni responsabilità, diffondendo una nota in cui si precisa che i test sui residui biologici, i pesticidi e la chimica presenti nel latte vengono (o meglio dovrebbero essere, ndr) condotti dal ministero dell’Agricoltura. E che i quantitativi dei suddetti prodotti rintracciati in quei campioni erano molto contenuti, tanto da essere insignificanti per la salute dei consumatori. [continua dopo la pubblicità]
In effetti sembrerebbe che la legge israeliana non fissi dei livelli massimi consentiti nel latte per quelle specifiche sostanze. Ad ogni modo, volendo prendere come termine di riferimento la normativa europea, sembrerebbe che nessuno degli “inquinanti” presenti fosse in concentrazione tale da sforare i limiti europei previsti e generare allarmi sanitari.
Analizzati 51 campioni: tutti contaminati
La ricerca – è stato appurato – contemplava le analisi di cinquantuno campionature da altrettante confezioni di latte, alcune di vacca. altre di capra. Tre appena le industrie produttrici, tra le più importanti del Paese. I risultati hanno mostrato che ciascuno dei cartoni di latte esaminati conteneva almeno un contaminante, un residuo di farmaco o un pesticida, e spesso fino a cinque diversi prodotti chimici. Tra gli altri, sono stati trovati otto diversi pesticidi utilizzati per uccidere gli insetti. L’ipotesi più fondata, secondo il ricercatore e il suo gruppo di lavoro, parla di mangimi destinati alle lattifere, che preventivamente vengono trattati per evitare danni e perdite di prodotto. Una seconda ipotesi è che gli inquinanti siano presenti nell’acqua di irrigazione dei campi in cui quegli alimenti vengono coltivati.
Nel corso dell’anno i residui possono aumentare
Pur trattandosi di limitati quantitativi di inquinanti, la preoccupazione permane in Shimshino, «perché», ha affermato lo studioso, «in momenti diversi dell’anno se ne potrebbero trovare quote più rilevanti». Ma non solo: verosimilmente «in varie regioni agricole verranno utilizzati vari prodotti chimici e vari pesticidi», per cui una valutazione che permetta di stare tranquilli potrebbe essere fatta solo se alla problematica venisse dedicata una ricerca su larga scala, protratta nel tempo, ampliando il panel di pesticidi e di principi-base farmaceutici da ricercare. [continua dopo la pubblicità]
Mentre la preoccupazione si fa seria e le congetture rimbalzano di bocca in bocca e di ufficio in ufficio, toccando anche i derivati del latte e la loro salubrità, i due ministeri da un lato si rimpallano le responsabilità e da un altro tendono a minimizzare: quello dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale ha fatto sapere che “il pubblico non è in pericolo perché la concentrazione dei prodotti citati è contenuta”, e ha aggiunto che “probabilmente la contaminazione proviene dall’acqua utilizzata per irrigare i campi”, che cade responsabilità del Ministero della Salute.
Dal canto suo il Ministero della Salute ha emesso una nota sottolineando che “l’esame dei pesticidi e dei residui chimici nel latte viene effettuato dal Ministero dell’Agricoltura” ma che, ad ogni modo, “l’esposizione ai residui trovati è così bassa che non deve destare preoccupazioni per alcun genere di conseguenza”.
Checché ne dicano le parti in causa l’immagine del latte nel Paese verosimilmente accuserà qualche contraccolpo, che – sommato alla contrazione della domanda in corso – genera comprensibili preoccupazioni tra gli operatori del settore: le industrie, che sono accusate di non aver controllato il prodotto prima della immissione al commercio ovvero di non aver mosso un dito per risolvere il problema; gli allevatori, che si sentono traditi dai loro stessi fornitori, che vorrebbero cambiarli ma sanno che – verosimilmente – passerebbero dalla padella alla brace. [continua dopo la pubblicità]
Si attende un ulteriore calo delle vendite, forse un crollo
La situazione appare critica, l’intera filiera è in fibrillazione, ritenendo che i prossimi dati di vendita possano rappresentare un forte passo falso. E da qualche parte – di certo – qualcuno starà già architettando qualche mossa per dimostrare, in un futuro che si spera vicino, che il problema è stato risolto. Come e quando questo avverrà non è di certo facile prevederlo.
15 giugno 2020