
L’istituto pubblico francese Inrae (Institut National de Recherche pour l’Agriculture, l’alimentation et l’Environnement) ha pubblicato martedì scorso 15 settembre sul proprio sito web “Productions Animales“ un dettagliato resoconto sulla grave situazione in cui le produzioni lattiero-casearie dell’Africa versano, a causa del massiccia importazione che molti Stati di quel Continente fanno di latte in polvere europeo.
In sostanza, l’aumento della domanda di prodotti lattiero-caseari registrato da alcuni anni in Africa – in specie in quella Occidentale – ha portato ad un’impennata delle importazioni dall’Unione Europea. Il problema appare di non facile soluzione dovendosi ripristinare una condizione di equilibrio che tenga conto innanzitutto delle capacità produttive locali e garantisca a quelle un tacito diritto di prelazione, in ragione della superiorità che i latti freschi prodotti in loco garantirebbero ai consumatori, rispetto ai latti in polvere rigenerati.

Altro aspetto strettamente connesso con il precedente: nella situazione attuale molti allevatori africani versano in uno stato di profonda crisi, che concorre all’asfissìa dell’economia agricola dei loro Paesi. In teoria di motivi per intervenire ce ne sarebbero diversi, ma ancora una volta le questioni di “mercato”, spesso imperscrutabili, continuano a dettar legge, in barba al buon senso, al rispetto, all’etica che soprattutto a certe latitudini appaiono parole vuote.
Ma non solo: se da un canto c’è da pensare che chi vende bada strettamente al proprio business, senza etica, senza codice deontologico, senza rispetto dall’altro c’è da chiedersi quanto si possa sopportare ancora una situazione ancor più grave di quanto sin qui esposto, già che in alcune delle forniture sono state rintracciate miscele di olio di palma che hanno rischiato di aprire dei veri e propri casi diplomatici.
“Il settore lattiero-caseario”, argomenta l’autore del rapporto (“La dépendance de l’Afrique de l’Ouest aux importations de produits laitiers”, vale a dire “La dipendenza dell’Africa Occidentale dalle importazioni di prodotti lattiero-caseari”), Vincent Chatellier, “svolge un importante ruolo sociale, territoriale ed economico su scala globale e si sviluppa da diversi decenni, con modelli produttivi estremamente eterogenei da un’area geografica all’altra, a seconda in particolare della varietà delle condizioni pedoclimatiche”.
“Questa vasta gamma di modelli”, prosegue Chatellier, “può essere trovata nelle specie animali coinvolte (anche se le vacche rappresentano quasi l’80% della produzione di latte), nei tipi di animali interessati (razze, potenziale genetico, durezza…) e nei modelli alimentari preferiti (pascolo o meno, tipi di foraggio e cibo concentrato). È anche dovuta al livello di intensificazione delle pratiche, all’organizzazione sociale dell’attività (aziende agricole familiari contro più unità industriali con l’uso di manodopera salariata) e all’intensità del capitale mobilitato per consentire o meno lo sviluppo della produzione (dalla pastorale alle grandi unità tecnologiche intensive)”.
C’è da tener conto anche del rapporto esistente tra il fabbisogno e il livello produttivo: in parte dei Paesi in questione la produzione lattiero-casearia interna è abbastanza vicina alla richiesta di prodotti lattiero-caseari, senza che sia possibile spiegare correttamente come uno frena o stimola l’altro. In alcune zone dell’Africa, come accade in Asia (in Cina ad esempio), le importazioni di prodotti lattiero-caseari stanno crescendo rapidamente, secondo uno sviluppo legato ad una serie di fattori che a volte risulta difficile bilanciare tra di loro. Tra questi Chatellier elenca:
a. le difficoltà produttive legate alle basse precipitazioni, la povertà agronomica del suolo e/o il basso potenziale genetico degli animali;
b. il rilevante incremento della richiesta interna, dovuto alla crescita della popolazione e al graduale cambiamento della dieta delle popolazioni;
c. l’aumento dell’urbanizzazione che può portare nelle grandi città, in particolare quelle situate vicino ai porti, a preferire il prodotto in arrivo da società multinazionali straniere, piuttosto che optare per una produzione locale più incerta (regolarità delle forniture) o geograficamente remota
d. le difficoltà logistiche e di stoccaggio che rendono difficile rispettare sistematicamente la catena del freddo per i prodotti lattiero-caseari freschi provenienti da aree geografiche lontane dai bacini di consumo;
e. la sfiducia dei consumatori che considerano la qualità dei prodotti importati migliore e più sicura di quella dei prodotti locali, in particolare quelli delle multinazionali che sanno comunicare (marketing) e adattare l’imballaggio dei prodotti alla domanda (comprese le vendite in sacchetti di piccole dimensioni);
f. l’attuazione di un processo di liberalizzazione della politica commerciale che porti a tariffe molto basse sui prodotti importati e quindi a un piccolo deterrente per i potenziali esportatori.
“Il settore lattiero-caseario globale”, prosegue Chatellier, “sta subendo uno sviluppo sostenuto a causa del crescente fabbisogno di prodotti lattiero-caseari di una popolazione in crescita e di un graduale cambiamento nelle diete”. L’articolo (raggiungibile cliccando qui) esamina la posizione dei Paesi dell’Africa Occidentale all’interno del “pianeta latte”. Per fare ciò, l’analisi utilizza, da un lato, i dati statistici della Fao, sul lungo periodo (dal 1961 al 2017) e, dall’altro, le statistiche doganali dal 2000 al 2018 per i dati globali e dal 2000 al 2019 per i dati europei.
“Sebbene” è ancora Chatellier che parla, “il consumo annuo pro-capite di prodotti lattiero-caseari sia ancora basso in molti Paesi dell’Africa Occidentale rispetto ai Paesi industrializzati, il fabbisogno complessivo di prodotti lattiero-caseari sta aumentando rapidamente sotto l’influenza della crescita della popolazione. A causa di molte difficoltà (clima, qualità del suolo, bassa produttività animale, mancanza di investimenti, ecc.)”.
“Lo sviluppo della produzione lattiero-casearia in Africa Occidentale (5,8 miliardi di litri nel 2017 per sedici Paesi , cioè l’equivalente della produzione della regione francese della Bretagna) non è sufficiente a soddisfare le esigenze locali. Poco più di due terzi delle importazioni di prodotti lattiero-caseari di questa zona provengono dall’UE, le cui esportazioni sono aumentate notevolmente negli ultimi dieci anni (con la fine delle quote latte). Queste importazioni riguardano il 40% delle miscele di latte scremato e grasso vegetale in polvere (a base di olio di palma!), un prodotto che beneficia di un prezzo competitivo e che viene tassato molto poco dalle dogane dei paesi dell’Africa Occidentale”.
21 settembre 2020