A parte rare eccezioni locali e fugaci – qualche fiera, o mostra – legate a specifiche tradizioni culinarie, la carne ovicaprina in Italia non è valorizzata come si potrebbe sperare, e come sarebbe bene che fosse. Il consumo in sé, al di là delle consuetudini familiari, che a volte si perdono o si allentano nel tempo e per mille motivi, andrebbe indotto e sostenuto attraverso azioni di tipo collettivo e sociale (manifestazioni pubbliche, coinvolgimento di una filiera fatta di allevatori, macellai, ristoratori, etc.), per far sì che la gente possa avvicinarsi al prodotto, mantenere vivo l’interesse verso di esso. E per conoscerlo, se non lo si conosce.
Al di là del confine alpino, in vari Paesi come la Francia, l’Austria, la Svizzera sono presenti alcuni casi in cui delle comunità hanno davvero fatto tutto ciò che serviva per conservare alcune delle proprie abitudini culinarie, fondamentali per mantenere in vita il mondo contadino e pastorale, garantendo a territori marginali, e in particolare alla montagna, le condizioni per essere preservata dall’abbandono e dal dissesto. Come asseriscono, giustamente, gli esperti e i fautori di razze locali, spesso a rischio di estinzione, esse si mantengono in vita non solo acquistando i loro formaggi, ma anche le loro carni.
In questo senso appare esemplare la Rassegna gastronomica organizzata dalla Fondazione Centro Capra, giunta alla sua 14esima edizione, avviata venerdì scorso nel Locarnese e nella Vallemaggia (Canton Ticino), con un programma che si articolerà su due settimane, sempre che le restrizioni da Covid-19 – lo speriamo vivamente per gli amici ticinesi – non inducano il Consiglio federale elvetico ad introdurre restrizioni maggiori di quelle adottate mercoledì scorso, 28 ottobre, vale a dire la chiusura dei ristoranti alle ore 23.
Alla kermesse hanno aderito molti ristoratori dei due distretti ticinesi, con menu dedicati alla valorizzare del prodotto nostrano, che – assicurano gli interessati – in “molti non hanno mai assaggiato”, come a dire che per rimediare ad un limite oggettivo del mercato ovvero della gran parte della comunità, bisogna pur far qualcosa per offrire stimoli e indurre il cambiamento.
La rassegna ticinese ha in sé altri contenuti: alcuni ristoratori proporranno infatti la “Serata dei cicitt”, dedicata all’insaccato tipico della zona (salsiccia sottile e lunga, fatta con magro e grasso di capra, sale, pepe, aglio, noce moscata, chiodi di garofano, vino), secondo Presìdio Slow Food ticinese ad essere nato, dopo quello del formaggio Zincarlìn de la Vall da Mücc.
L’evento è promosso dall’Associazione Produttori di Cicitt delle Valli Locarnesi, fondata nel 2006 e composta da allevatori, macellai e gastronomi della regione, con lo scopo di promuovere la tipica salsiccia di capra, lunga e sottile, fatta esclusivamente con carni locali, di bestie che hanno trascorso l’estate in alpe.
2 novembre 2020
Per maggiori informazioni cliccare di seguito, per:
Sapere tutto sul Cicitt (dal sito web “Patrimonio Culinario Svizzero”)
Programma della manifestazione