Pac: la pressione della società civile europea ultima spiaggia per il cambiamento

Il Parlamento Europeo – foto di Guillaume Périgois© – UnSplash

La settimana appena trascorsa ha portato con sé un’ondata di reazioni negative, in tutti i Paesi dell’Ue, rispetto al voto con cui il Parlamento Europeo ha approvato la proposta di legge per una Pac (Politica Agricola Comune) avara di migliorie per la protezione dell’ambiente e clima. A detta della stragrande totalità delle associazioni che si occupano di salvaguardia ambientale, di diritti degli animali, di produzioni ecosostenibili e diritti dei consumatori, “il piano approvato dal Parlamento europeo non è in linea né con gli obiettivi del Green Deal europeo, né con la strategia “Farm to Fork”. Ma neanche con il dettato in difesa della biodiversità, pubblicati nell’ultimo anno”.

La decisione con cui l’assemblea plenaria del Parlamento Europeo aveva respinto – nella nottata di martedì 20 scorso – la proposta della Commissione Europea di tagliare i sussidi agli allevamenti intensivi e di aumentare i finanziamenti alle misure ambientali, aveva spianato la strada ad un accordo tra i maggiori gruppi parlamentari che riserva alle pratiche agricole ecologiche appena il 20% dei fondi della Pac.

Dura la posizione di Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, che ha sottolineato quanto «al di là delle tinte verdi tanto sbandierate in questi giorni da più parti, le misure agroambientali non verranno adeguatamente sostenute e si continuerà a finanziare un modello agricolo che porta alla perdita di biodiversità, contribuendo alla crisi climatica».

«Ci aspettavamo invece», ha proseguito il numero uno della prima associazione ambientalista italiana, «una Pac ambiziosa, che puntasse alla riduzione delle emissioni e degli impatti, intraprendendo un cambiamento radicale del sistema agricolo e alimentare».

«Quasi 60 miliardi di euro dei contribuenti dell’Ue», ha concluso Ciavani, «vengono spesi ogni anno per i sussidi della Pac, che in larga parte finanziano agricoltura intensiva e allevamento industriale. Bisogna abolire questi sussidi dannosi e convertirli in incentivi per favorire la riduzione degli impatti su acqua e aria, e la conservazione della fertilità del suolo e degli ecosistemi. Sono queste le azioni necessarie alla transizione verso un necessario modello agroecologico».

A protestare sono stati anche una parte della minoranza degli europarlamentari, che hanno votato contro la Nuova Pac dell’agrobusiness: la loro richiesta è quella di tornare al tavolo di programmazione. A sostegno di questa tesi si è dichiaratamente schierato anche Janusz Wojciechowski, Commissario Europeo all’Agricoltura, che ha avuto parole molto dure, definendo la scelta della maggioranza «incompatibile con il Green Deal europeo».

“Quella che doveva essere l’occasione storica per promuovere la riconversione ecologica di un settore che ha livelli di produzione insostenibili per l’ambiente ed è spesso anche poco remunerativo per tanti agricoltori italiani”, hanno commentato i vertici di Greenpeace, “è diventata l’ennesima riprova del potere delle lobby dell’agricoltura industriale e della priorità che hanno i loro interessi sulla salute di persone e ambiente”. Il comunicato dell’associazione ambientalista europea prosegue ricordando che “negli ultimi sessanta anni, la Politica Agricola Europea è stata totalmente cieca rispetto all’impatto dell’agricoltura sull’ambiente e con questa decisione il Parlamento Ue non fa altro che continuare volontariamente in questa direzione, ignorando gli avvertimenti della scienza sulla necessità di invertire la rotta per affrontare la crisi climatica”.

Per quanto quindi la vicenda abbia preso una brutta piega, l’ultima parola spetterà al vertice finale in cui i membri del Parlamento, della Commissione e del Consiglio europeo si incontreranno per trovare un accordo su un testo finale. Se da un canto la speranza di un ripensamento è appesa a un filo, dall’altro la pressione mediatica che si sta registrando, le sollecitazioni dirette di gruppi organizzati e singoli cittadini, nonché le dichiarazioni di denuncia di molti parlamentari, potrebbero portare al ritiro di questa Pac.

Una Pac che appare tanto conformata al pensiero della gestione di Jean Claude Juncker (11.2014-12.2019) quanto lontana dall’attuale presidenza della Von der Leyen. Per quanto difficile che ciò accada, si auspica che la Commissione Europea, che ha il potere di iniziativa legislativa, voglia ora intervenire per ritirare una proposta altamente impopolare e presentarne una più aderente alle prospettive del progetto Green Deal e delle strategie da esso derivate, ma anche al volere dichiarato – e in questi giorni gridato, con indignazione – da un crescente numero di cittadini. Una proposta più calzante alle reali necessità dei nostri tempi, che lasci intravedere un futuro migliore per le nuove generazioni. 

2 novembre 2020