La Nuova Zelanda rurale s’interroga da qualche tempo, su una questione che da noi, in Italia è di là da venire, ma che andrebbe tenuta in considerazione, laddove si producano latti e carni dell’erba e del fieno, vale a dire l’istituzione di una fascia di rispetto che impedisca il pascolamento in prossimità di strade trafficate, laddove l’erba di confine non può certo essere pulita come la si desidererebbe.
Il pensiero era sorto in noi alcuni anni fa, frequentando un’azienda agricola con vacche al pascolo nella gran parte dell’anno, in un appezzamento di terreno delimitato su un ampio fronte (poco meno di un chilometro) da una carreggiata, peraltro senza marciapiedi.
In una situazione come quella, soffermarsi a guardare le bovine e pensarle davvero felici, con gli scarichi d’auto, moto e camion a pochi metri di distanza dall’erba da brucare era qualcosa davvero di poco scontato (un semplice fosso di un metro non è sufficiente laddove servirebbero quantomeno una siepe e una fascia di rispetto di alcuni metri). Ma come tanti pensieri che attraversano la mente, venne accantonato, un po’ come quando si mangia cicoria selvatica dalla zia e ci si augura che non sia stata raccolta sul ciglio della provinciale.
Bene, in quella terra dell’Oceania ancora così dedita alle attività pastorali, è in corso un dibattito che coinvolge le comunità rurali, a proposito di una proposta allo studio del Timaru District Council (autorità amministrativa, nella regione di Canterbury, NZ) per ampliare la fascia di rispetto a cento metri dalle strade di prossimità per i terreni pascolivi irrigui, che in quel territorio sono per di più utilizzati da allevatori di bovini e cervi.
La notizia è rimbalzata di bocca in bocca, le critiche non si sono fatte attendere, e la preoccupazione è salita in tutto il Paese, per la paura che una tale restrizione, se approvata anche solo localmente, possa poi ispirare altri distretti ovvero tutti i territori agricoli neozelandesi.
Tra chi ha tentato una chiave interpretativa è sinora prevalsa l’ipotesi di una svista, ma non mancano quelli che ritengono una eventuale norma del genere come nata per dei territori non rurali, poi applicata senza ragione in un distretto in cui gli allevatori sono una componente rilevante del tessuto economico-produttivo. Non ultima tra le considerazioni fatte in questi ultimi giorni, in primo luogo sui social media e sulla stampa locale, quella che vedrebbe una svalutazione rilevantissima delle proprietà di molte aziende agricole.
In tutto questo, ed è un paradosso, nessuna associazione per la difesa dei consumatori ha ancora espresso il proprio punto di vista. Forse temendo che il latte dell’erba e del fieno e le carni grassfed potrebbero subire una brusca impennata dei prezzi
23 novembre 2020