
Mentre l’Italia si ostina ancora nel disperdere risorse per le produzioni intensive, come se queste fossero ancora recuperabili in una prospettiva sostenibile e onestamente proponibile, il mondo appare largamente impegnato verso l’unica e l’ultima strada praticabile: quella d’una riconversione all’agroecologia in cui l’animale e la sua produzione non siano astratti dal totale ma parte del tutto – dell’ambiente, dell’erba, del suolo, dell’aria, dell’acqua. E dell’uomo, in una sintonia troppo a lungo trascurata, per quanto di vitale importanza. Con il rispetto per il tutto, nel bene di tutti.
Lo ha ribadito in questi giorni il Messico, Paese in cui decenni di rapina ai danni dell’ambiente hanno portato devastazioni ambientali, che non possono e non debbono essere ulteriormente perpetrate. Nel Paese, i processi di deforestazione e la conseguente perdita di biodiversità hanno aggravato i già gravi effetti del cambiamento climatico, causando una diminuzione dei tassi di produzione e influenzando negativamente i mezzi di sussistenza degli allevatori e delle loro famiglie.

Avviato nel 2017, il progetto ribattezzato BioPaSOS (nome originale: “Promoviendo la conservación de la biodiversidad a través de prácticas agrosilvopastoriles climáticamente inteligentes en paisajes dominados por la ganadería en tres regiones de México”, vale a dire “Promuovere la conservazione della biodiversità attraverso pratiche agrosilvopastorali intelligenti per il clima nei paesaggi dominati dal bestiame, in tre regioni del Messico”) è stato implementato in tre Stati del Messico, con il preciso scopo di far recuperare agli allevatori le buone pratiche agrosilvopastorali, minimizzare l’impatto sulla biodiversità, e sostenere un processo decisionale di pieno coinvolgimento, accompagnando il contadino nella partecipazione cosciente dell’economia verde, qui praticata, non solo teorizzata.
Il progetto (qui sotto, in video, la presentazione), che in origine aveva mirato a coinvolgere 1.200 piccoli allevatori in Chiapas, Campeche e Jalisco, strada facendo è stato così apprezzato da aver riguardato quasi 2mila agricoltori e le loro famiglie.
“Le foreste pluviali del Chiapas nel Messico meridionale”, spiegano i responsabili di BioPaSOS, “hanno a lungo protetto gli agricoltori di sussistenza e le loro colture di mais e fagioli. Ma durante gli anni ’80, c’è stato un boom nella produzione lattiero-casearia, che era molto più redditizia”. Fu allora che “gli abitanti di quel territorio lasciarono libero il bestiame” senza criterio, “con conseguenze devastanti per la foresta”.
“Allo stesso modo in cui la foresta soffrì, così ha fatto la sua gente entrò in sofferenza: per la siccità, per il declino della biodiversità, delle piante e del foraggio”, aggiungono i ricercatori.
In sostanza, il progetto BioPaSOS (qui sopra nell’ultimo video prodotto dall’emittente pubblica tedesca Deutche Welle) aiuta gli agricoltori a curare la foresta, adottando tecniche agrosilvopastorali che portano bovini, colture e alberi a prosperare armonicamente. Con il supporto offerto nella recinzione degli animali – che vengono finalmente condotti al pascolo con un approccio razionale – e nel rimboschimento dellaterra, le comunità locali sono ora in grado di proteggere il loro ambiente.
Così facendo, in appena tre anni, laddove una volta il latte era venduto a prezzi stracciati, con BioPaSOS è stata introdotta la sua trasformazione in formaggi sufficientemente remunerativi, con profitti che oggi si sono rivelati finalmente in aumento.

Il progetto BioPaSOS è finanziato con una sovvenzione dell’Iniziativa internazionale per il clima del Ministero dell’Ambiente tedesco pari a 2,97 milioni di euro. Le organizzazioni partner coinvolte sono il Catie (Tropical Agricultural Research and Higher Education Center), il Segretariato messicano per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la Commissione nazionale per la conoscenza e l’uso della biodiversità, l’Università autonoma del Chiapas e varie agenzie governative locali e Ong.
Il progetto, che avrebbe dovuto concludersi nel 2020, verrà prorogato di un anno, a causa delle limitazioni introdotte per via della pandemia di Covid-19.
7 dicembre 2020