Cambiamento climatico: Australia e Brasile studiano il foraggio e il pascolamento di domani

Gli studiosi australiani stanno già definendo le specie foraggere più idonee al pascolamento dei prossimi decenni – foto Dairy Australia©

Il cambiamento climatico è una delle sfide più importanti a cui il mondo andrà incontro nei prossimi anni. Tra tutti i settori produttivi, quello primario è destinato a dover adeguare molte attività, sia sul piano tecnico che su quello organizzativo. In particolare la zootecnia dovrà reinventarsi, rivedendo dimensioni di mandrie e greggi, razze impiegate, alimentazione animale e altro ancora. Due gli studi scientifici più recenti che meritano menzione: condotti in Australia dalla Melbourne University, e in Brasile da Universidade Federal de Pelotas e Universidade Federal de Rondônia.

Lo studio australiano
Dal 2016 la Melbourne University ha intrapreso studi specifici sull’incidenza che il cambiamento climatico avrà sugli allevamenti di vacche da latte. Temperature minime e massime, precipitazioni, umidità relativa ed eventi climatici estremi incideranno fortemente sulla redditività degli allevamenti: i ricercatori hanno valutato che di questo passo attorno al 2040 le perdite potranno aggirarsi tra il 10 e il 30%, se non si interverrà adattando i sistemi allevatoriali a condizioni di maggior caldo e minore umidità complessivi.

Il Prof. Kevin Smith della Melbourne University – foto Melbourne University©

La materia in oggetto è stata ben trattata alla fine del 2020 in un articolo intitolato “Future forages for a warmer and changing climate” (“Foraggi futuri per un clima più caldo e mutevole”), pubblicato sul primo numero del bollettino Dairy Innovation News edito da Agriculture Victoria, Dairy Australia e Gardiner Foundation.

Lo studio dei modelli climatici ha permesso ai ricercatori di avanzare previsioni sulla variabilità delle rese, dei costi e dei profitti futuri delle aziende, consentendo loro di affermare che essa dipenderà anche dalla capacità di adeguare i metodi di produzione. I sistemi più intensivi, che giocano la loro partita su grandi livelli produttivi e contenimento dei costi dei mangimi – orientati a massimizzare il profitto – sono inesorabilmente destinati a subire perdite molto rilevanti.

Al contrario di essi, i sistemi meno intensivi, agendo su piccola scala, non avranno gli stessi livelli di variabilità, il che significa che in futuro, in ​​alcune regioni, essi potrebbero correre meno rischi e determinare un’inversione delle tendenze attuali: verso mandrie di dimensioni medie più piccole, con una riduzione dei cereali nella dieta delle bovine, e un tasso di stoccaggio inferiore.

Ma il progetto australiano non si è limitato a questo, e ha dimostrato dell’altro. Affinché l’allevamento da latte possa continuare ad essere sostenibile, gli agricoltori dovranno sviluppare la capacità di adattarsi alla mutevolezza climatica. Parte di tale adattamento consisterà nella capacità di coltivare il miglior pascolo possibile per le specifiche condizioni locali, a cui ogni allevamento andrà incontro.

Per comprendere al meglio il modo in cui in futuro i climi influenzeranno i modelli stagionali di crescita e di digeribilità delle essenze dei pascoli, lo studio ha visto il coinvolgimento del Prof. Kevin Smith, ricercatore di Agriculture Victoria e docente della Melbourne University, che ha utilizzato i modelli climatici per prevedere temperature e precipitazioni sino al 2030 e oltre, al fine di determinare le future esigenze di foraggio.

La ricerca ha così indicato quali saranno le specie vegetali da utilizzare in futuro e in quali condizioni esse andranno coltivate, tenendo in considerazione la loro digeribilità e nutrizione, ma ancor prima il loro stesso adattamento al clima, in funzione delle stagioni di semina e del periodo di utilizzo (pascolamento e/o raccolto per fienagione). Il progetto ha inoltre individuato una serie di priorità di ricerca per i foraggi futuri al fine di consentire un progressivo adattamento al clima del 2030, ma anche a quelli del 2050, 2070 e 2090.

«Abbiamo bisogno di ampliare lo studio sui modelli climatici e di includere le erbe subtropicali in tutti gli ambienti», ha detto il Prof. Smith, che ha concluso aggiungendo che dovremo attenderci una «maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi», che incideranno sui requisiti di semina, per tutte le specie vegetali previste.

Grazie ad un radiomicrofono – che capta il respiro della vacca – e ad un’App di gestione dei dati, due università brasiliane stanno lavorando al miglioramento delle condizioni delle bovine al pascolo – foto Universidade Federal de Rondônia©

Lo studio brasiliano
Da diversi anni a questa parte l’incremento delle temperature e dell’umidità relativa hanno fatto sentire il loro peso sulla salute degli animali da reddito e sulla perdita di profitto per le imprese zootecniche. In Brasile, la Universidade Federal de Rondônia ha avviato il monitoraggio della frequenza respiratoria delle bovine da latte al pascolo, utilizzando la bioacustica per misurare le condizioni fisiche degli animali.

La tecnica adottata prevede l’uso di una cavezza con radiomicrofono per ciascuna vacca, e un sistema di ricezione e registrazione da remoto, tramite una App dedicata. L’analisi delle registrazioni, successiva alla loro raccolta e alla creazione di una adeguata banca dati, ha permesso di certificare la validità del metodo, confermata ulteriormente dal “Temple Grandin Workshop on Animal Welfare”, che l’ha inserita tra le dieci più importanti conquiste degli ultimi anni, per il benessere animale.

Lo studio della frequenza respiratoria (FR) ha così offerto ai ricercatori informazioni preziose per valutare la necessità di intervenire sul pascolamento, garantendo non solo i necessari punti di abbeverata ma anche adeguate zone d’ombra, ampie e ben distribuite, sia con siepi, naturali o impiantate, sia con appositi elementi ombreggianti (vele) semoventi.

In passato la bioacustica è stata utilizzata anche per caratterizzare il comportamento dei bovini, misurando il tempo di pascolamento, di ruminazione, di riposo e di assunzione di acqua. Questo studio, in cui la Universidade Federal de Rondônia ha coinvolto la Universidade Federal de Pelotas sarebbe il primo in cui questa metodologia è stata utilizzata per misurare, con la frequenza respiratoria, le condizioni fisiche dell’animale.

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8 febbraio 2021