Francia: il lockdown spinge i caseari ma il vero boom è della mozzarella

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Il lockdown cambia molte delle nostre abitudini, costringendoci a stare di più in casa. Accade in tutto il mondo, ovviamente, anche se con fenomeni differenti da Paese a Paese, ed influisce – lo abbiamo ben capito – anche sui consumi alimentari. Si mangia un po’ di più, e le scelte tendono a concentrarsi su prodotti che magari prima si trascuravano, e che spesso compensano facilmente le ridotte possibilità di mangiare fuori casa.

Da un recente sondaggi svolto in Francia dall’agenzia AgriMer, rilanciata dalla periodico specializzato Les Marchés, è risultato che nel 2020 in quel Paese il consumo domestico di formaggi è aumentato vertiginosamente. La sorpresa non è tanto questa – già che da un popolo che ha il formaggio nel Dna c’era da aspettarselo – quanto piuttosto che il vero boom di vendite l’ha ottenuto il più tipico tra i latticini italiani: la mozzarella.

Di vacca o bufala che sia, spesso industriale, più di rado artigianale, la pasta filata fresca italica ha così conquistato i francesi, facendo registrare un incremento delle vendite del 21,2% rispetto al 2019.

Tra i formaggi più richiesti che hanno incrementato le vendite saltano all’occhio la Raclette (12,2%), il Comté (8,2%) e l’Emmental (7,8%). Più in generale, i prodotti caseari che mostrano un incremento dei consensi sono i caprini biologici (+32,2%), seguiti a debita distanza dai vaccini (+9,4%) e dagli ovini biologici (5,5%)

Ma cosa spinge ad un tale boom di vendite? Tra le motivazioni addotte dagli intervistati, emergono il “vantaggio che i formaggi possono essere utilizzati sia come ingredienti di piatti che tal quali”. Il formaggio viene inoltre descritto come un “sinonimo di comfort”, ed è molto apprezzato soprattutto se fuso dal calore. Viene descritto come un elemento che “facilita la convivialità” e spesso è una “eccellente soluzione per una cena gustosa e semplice”, facile da organizzare, da soli o in compagnia.

Se quindi molti produttori e commercianti di formaggio si dichiarano soddisfatti delle vendite – spesso quelle “in casa” hanno bilanciato il crollo del “fuori casa” – i ristoratori lamentano una situazione difficilissima, per essere stati costretti a chiudere durante il primo blocco di tre mesi iniziato a marzo e poi con il secondo che da ottobre si protrae sinora.

22 marzo 2021