Gli allevamenti di cammelli diffusi nelle zone desertiche e steppose dell’Asia centrale, tra Anatolia e Mongolia, potrebbero vivere il loro periodo d’oro, nella regione cinese dello Xinjiang Uygur. Questo, grazie all’interessamento di varie aziende di trasformazione – del latte e non solo – che sembrano stiano puntando molto sulla loro valorizzazione.
È di giovedì scorso 9 dicembre la notizia, diffusa dall’agenzia stampa cinese China.org, che narra le vicende di un allevatore di 39 anni, tale Arkhu Alph, che nell’ultima campagna foraggera ha speso 200mila yuan (poco meno di 28mila euro) per preparare il foraggio per le sue quarantasei cammelle, prima dell’inverno.
“Gli animali”, informa la nota stampa, “oggi vivono in un’accogliente stalla” e a differenza dei loro simili allevati a quelle latitudini, non sono dediti alle attività da soma e trasporto, bensì alla produzione di latte. Una risorsa che, al prezzo corrente di quella materia prima, producendo tre chili per capo al giorno, garantiscono a Arkhu Alph un guadagno di oltre un milione di yuan (138mila euro circa) all’anno.
Per quanto le prospettive economiche future dell’allevatore uiguro siano ora rosee, l’impegno dell’imprenditore non è stato indifferente negli anni passati. Per lui ed altri allevatori di cammelle, l’anno della svolta sarebbe stato il 2007, quando nella contea di Fuhai venne fondato lo Xinjiang Wang Yuan Biotechnology Group, grazie al quale il mercato del latte di cammella iniziò a prosperare.
L’industria oggi raccoglie il latte da oltre 5mila allevatori locali, trasformandolo in diversi prodotti derivati, che vengono prevalentemente esportati. Nei primi anni di attività il freno che non permise un decollo rapido dell’iniziativa fu rappresentato prevalentemente dalla mentalità degli allevatori, abituati a vedere il cammello come animale da trasporto e più in generale da lavoro. Ma un ostacolo altrettanto importante fu quello degli investimenti necessari – per attrezzare una stalla e acquistare altri animali – che vide gli allevatori per nulla propensi al rischio d’impresa.
Più di recente però, incoraggiati dall’azienda, che ha deciso di fornire prestiti senza interessi, a fronte dell’impegno ad acquistare il latte, l’iniziale inerzia è gradualmente venuta meno. E fu così che nel 2011 la famiglia di Arkhu Alph, e con lui quella di altri allevatori, hanno iniziato a credere nel progetto, acquistando altri capi e costruendo una stalla.
Nella stagione del pascolo, che – a seconda delle regioni – si protrae dai centocinquanta ai duecento giorni, i proprietari delle cammelle tornano ad essere a pieno titolo pastori transumanti, beneficiando delle praterie e delle steppe locali (l’animale ha una spiccata attitudine rustica, nutrendosi sia di erba che di foglie e arbusti spinosi, ma anche di piante aromatiche e succulente).
Dal momento che i pascoli di molti pastori si trovano in zone remote, l’azienda invia le proprie autocisterne refrigerate per raccogliere il latte e conduce la ricerca e lo sviluppo di macchine mungitrici professionali per aiutare i pastori a migliorare la loro produttività.
Agli allevatori più efficienti fornisce un’adeguata formazione professionale, che include l’opportunità di visitare grandi città, come Ürümqi, Karamay, Shihanza e altre.
“Il ruolo del cammello” negli ultimi anni, precisa China.org, “si è trasformato da animale da lavoro”, in un’economia pressoché di semplice sussistenza, “a fonte costante di reddito”, di conseguenza “la contea di Fuhai prevede di sostenere la costruzione di nuove strutture d’allevamento, per incrementare i capi dagli attuali 20mila a 50mila” nei prossimi anni.
“L’azienda”, conclude l’agenzia stampa cinese, “sta inoltre espandendo la sua catena industriale, esplorando la possibilità di mettere in produzione anche il sapone al latte di cammella e altri prodotti cosmetici naturali, oltre alle trapunte e alle sciarpe di lana realizzate”, ovviamente, “con fibra di cammello”.
13 dicembre 2021