Stati Uniti: l’Fda approva l’uso del termine “latte” per le bevande vegetali

Soia e bevanda alla soia
foto Pixabay©

Mercoledì scorso, 22 febbraio, la statunitense Fda (Food and Drug Administration) ha pubblicato una bozza di documento intitolato “Draft Guidance for Industry: Labeling of Plant-Based Milk Alternatives and Voluntary Nutrient Statements” (trad.: “Bozza di linee guida per l’industria: etichettatura di alternative al latte a base vegetale e dichiarazioni volontarie sui nutrienti”), contenente le indicazioni sulla produzione e commercializzazione negli USA delle bevande a base vegetale.

Striderà alle orecchie di molti, e non solo negli Stati Uniti, che tali bevande vengano definite come molti consumatori e operatori del settore lattiero-caseario non vorrebbero mai (già che non lo sono), vale a dire “alternative al latte”.

Le bevande vegetali? Negli Usa si potranno chiamare “latte”

Con l’emanazione delle disposizioni contenute nel suddetto documento, la Fda conferma che i produttori di quelle bevande potranno continuare a scrivere “Milk” sulle confezioni, vale a dire per l’appunto, “Latte”: un colpo gobbo per le aspettative dei molti che in questi anni si sono strenuamente battuti per far sì che la denominazione “latte” tornasse ad essere riservata al solo vero prodotto della mungitura di animali lattiferi, come vacche, pecore e capre.

La percezione dei consumatori

Tra le altre cose, la bozza dell’Fda tratta ampiamente l’aspetto relativo alla percezione che i consumatori hanno delle “alternative al latte”: un aspetto che gli stessi autori delle linee-guida indicano utile per affrontare in altri settori situazioni analoghe, in futuro.

Più in particolare il documento spiega che sono stati tenuti in considerazione molti studi scientifici inerenti il mondo dei consumi e che sono stati condotti una serie di focus group che, nel complesso, indicano che i consumatori comprendono quanto le “alternative al latte” ovvero le bevande a base vegetale non contengono latte vaccino, e che il “latte” è ormai fortemente radicato nel dizionario dei consumatori che descrivono e parlano di “alternative al latte”, intendendo però le bevande vegetali.

In particolare, la Fda conclude che, sebbene molte alternative al latte a base vegetale siano etichettate con nomi che includono la parola “latte” (ad esempio, “latte di soia”), questi prodotti non pretendono di essere né sono rappresentati come latte, e i consumatori non li percepiscono come “latte”. La Fda afferma inoltre che i nomi di alcune alternative al latte a base vegetale sembrano essere stabiliti dall’uso comune, come “latte di soia”, per l’appunto, “latte di mandorla”, ecc.

Le differenze esistono ma non le capisce (quasi) nessuno

La Fda rivela inoltre che le ricerche esaminate dall’agenzia lasciano intendere che in genere i consumatori non comprendono le differenze nutrizionali tra il vero latte e le “alternative al latte” a base vegetale, il che supporta le raccomandazioni che l’Fda fornisce su alcune specifiche dichiarazioni volontarie, da inserire nell’etichetta dei nutrienti.

“Nei nomi delle “alternative al latte” con base vegetale”, spiega il documento, “il termine “latte” (o “beverage”, o “drink “) dovrebbe essere qualificato dalla fonte vegetale dell’alimento. La denominazione può essere espressa con una singola parola composta (p.e.: “soymilk”), con più parole (p.e.: “soy milk”) o con due parole unite da trattino (p.e.: “soy-milk”)”.

La Fda ritiene inoltre che:

  • la dicitura “a base vegetale” non sia un termine sufficientemente descrittivo e raccomanda di specificare le fonti vegetali specifiche;
  • i consumatori dovrebbero essere in grado di determinare facilmente la particolare fonte vegetale guardando il nome del prodotto;
  • termini come “senza latticini” o “non lattiero-caseario” non sono descrittori sufficienti, se non accompagnati da informazioni più specifiche sulle fonti vegetali;
  • se una “alternativa al latte” di origine vegetale deriva da diverse fonti vegetali, esse andrebbero incluse nel nome del prodotto, con la fonte vegetale predominante indicata per prima nel nome o nella dichiarazione di identità.

“Le alternative al latte a base vegetale”, recita il testo, “generalmente non sono prodotti di “imitazione” in quanto tale termine è definito nella sezione 403 (c) della Fdca (Food, Drug and Cosmetic Act). Nella misura in cui un particolare prodotto si qualificherebbe come un prodotto di “imitazione”, la Fda intende esercitare la discrezionalità dell’applicazione per quanto riguarda l’uso di tale termine”.

Le suddette linee-guida includono inoltre una ponderosa trattazione delle “dichiarazioni volontarie sui nutrienti”, la cui lettura può essere approfondita sul sito web dell’ente statunitense LINK.

La parola agli statunitensi 

La parola passa ora agli statunitensi, che avranno tempo sino al 24 aprile prossimo per inviare all’Fda i loro commenti, in particolare richiesti dall’ente sui seguenti aspetti:

  • il posizionamento raccomandato e i possibili limiti di spazio per la dichiarazione volontaria dei nutrienti sulle etichette dei prodotti, tenendo presente che lo spazio su alcuni prodotti può essere limitato;
  • se i criteri Usda (United State Department of Agriculture) che identificano i livelli minimi di nutrienti per i sostituti fluidi del latte siano i criteri più appropriati da utilizzare per le dichiarazioni nutrizionali volontarie, e – se sì – perché?
  • ovvero, in caso di risposta negativa, quali criteri (p.e.: nutrienti e livelli dei nutrienti, valori minimi rispetto a intervalli di livelli di nutrienti, ecc.) dovrebbero essere presi in considerazione dalla Fda e perché?

1 marzo 2023