
Flettono le vendite del formaggio Gruyère, soprattutto sui mercati esteri (tra il -10% e il -15% di media, con picchi del -25% negli Usa e del 40% in Belgio); di conseguenza le forme nelle cantine di stagionatura vanno verso un pericoloso ristagno. È per queste ragioni che l’organo di governo della Dop Svizzera – l’Interprofession du Gruyère Aop – riunitosi in assemblea mercoledì scorso 21 giugno, ha deciso di frenare i livelli produttivi.
Ad ufficializzare la notizia, due giorni dopo, all’agenzia di stampa svizzera Keystone-Ats, ha provveduto il direttore dell’Interprofession du Gruyère, Philippe Bardet, che ha sottolineato come «il mercato sta reggendo bene in Germania, ma in Belgio il calo è del 40%, vale a dire 400 tonnellate in meno rispetto all’anno precedente».
Altra flessione importante, ha aggiunto Bardet, si è registrata «negli Stati Uniti, dove il 25% in meno equivale quasi a 1.000 tonnellate» di mancate vendite. Ad incidere sulla flessione, secondo gli analisti, sarebbero state le conseguenze della guerra in Ucraina e l’inflazione.
In controtendenza, ma di pochi decimali, è il mercato interno, «dove», incalza il direttore dell’Interprofession du Gruyère, «abbiamo fortunatamente registrato un leggero aumento: solo il Gruyère biologico ha subito una battuta d’arresto, e questo perché il consumatore purtroppo si dimostra sensibile al prezzo».
Un’inversione di tendenza forte qui di, rispetto al 2021, che aveva fatto registrare incrementi di vendite su tutti i fronti, ed era stato salutato come un anno-record. Cosa fare quindi davanti a questi repentini cambi di scena? Ridurre il numero delle vacche oppure destinare l’eccedenza di latte ad altre produzioni? Più probabile la seconda ipotesi: «Questa situazione», conclude Bardet mostrando un aspetto positivo, «forse permetterà di avere nuovamente una produzione di burro svizzero al 100%».
28 giugno 2023