I mangimisti europei in allarme: il mercato continentale è in flessione

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La produzione europea dei mangimi per allevamenti è in progressivo calo, in una tendenza che appare difficilmente controvertibile. Il livello produttivo stimato per l’anno in corso nell’Ue è di 144,3 milioni di tonnellate, con una flessione del 2% rispetto al 2022. A elaborare e comunicare i dati è la Fefac (European Compound Feed & Premix Industry), federazione delle industrie mangimistiche Ue che oltre a rappresentare, difendere e promuovere i produttori associati esercita da anni attività di lobbying sul sistema legislativo comunitario.

In una nota stampa di giovedì scorso, 7 dicembre, la federazione sostiene che “il mercato Ue dei mangimi riflette le continue pressioni politico-gestionali delle crisi di mercato e la crescente domanda di prodotti sostenibili, per affrontare le dinamiche del mercato e le implicazioni normative”.

Secondo la Fefac “queste tendenze sono una risposta agli impatti negativi dei cambiamenti climatici e delle malattie animali che incidono sull’approvvigionamento delle materie prime”. Là siccità e le inondazioni, ad esempio, e una minore capacità delle produzioni zootecniche, messe a dura prova dall’influenza aviaria e dalla peste suina, sarebbero alla base della flessione. Ma non solo, perché “le politiche nazionali che hanno come obiettivi la riduzione dei gas serra e delle emissioni di nitrati”, a detta della federazione dei mangimisti europei, avrebbero “contribuito a questi cambiamenti”.

Un’analisi decisamente e volutamente parziale, se si pensa che proprio le suddette questioni sono generate da un sistema industriale di cui l’industria dei mangimi è componente fondante imprescindibile, e in quanto tale ha le sue evidenti responsabilità.

A influenzare il settore sono poi i cambiamenti dei metodi produttivi, che debbono adeguarsi a nuove disposizioni legislative, ma anche le nuove tendenze espresse dai consumatori e l’impatto dell’inflazione sui prezzi del paniere alimentare. Tutti questi fattori stanno esprimendo risultati diversi da Paese a Paese: se da un canto Danimarca, Germania, Irlanda e Ungheria hanno fatto registrare un calo del 5% circa della produzione mangimistica, dall’altro Austria, Bulgaria, Italia e Romania hanno segnato aumenti, seppur di modeste entità. I restanti 19 Stati membri hanno invece ridotto leggermente i livelli produttivi o li hanno mantenuti sugli standard registrati nell’anno precedente.

Bovini

La produzione di mangimi per bovini nel 2023 registrerà un calo di circa 800mila tonnellate rispetto al 2022. Spagna e Portogallo hanno dovuto affrontare seri problemi di scarsità idrica che hanno portato alla chiusura di aziende in tutto il settore dei ruminanti. I bassi prezzi riconosciuti dall’industria per il latte alla stalla e le malattie del bestiame hanno ulteriormente influenzato il settore. E andata un po’ meglio agli allevatori dell’Europa centrale e sudorientale, che hanno beneficiato di una buona crescita di erba che ha inciso negativamente sulla domanda di mangime industriale.

Suini

Particolarmente seria risulta la situazione dell’industria suinicola: dopo un 2022 non brillante, il settore dei mangimi per suini è stato gravemente colpito nel 2023, registrando un ulteriore calo di quasi 2,5 milioni di tonnellate. Eclatante il caso della Germania, che ha perduto le commesse dei Paesi asiatici e ha subito l’impatto di campagne mediatiche negative. Dal canto loro, la Danimarca ha registrato un calo del -13,6% nella produzione di carne suina nel 2023, e la Spagna – che è il più grande produttore di mangimi per suini dell’Ue – ha perso 800mila tonnellate di produzione come conseguenza del cambiamento delle preferenze dei consumatori, dovute principalmente alla’ inflazione e alla perdita dei mercati di esportazione. Un discorso a parte merita l’Italia, che ha subito le conseguenze di epidemie di peste suina, ancora in atto.

Avicoli

La produzione di mangimi per pollame nel 2023 ha mostrato un trend più positivo rispetto ad altri settori, con un aumento della produzione di 900mila tonnellate rispetto al 2022, grazie al fatto che alcuni Paesi hanno fatto segnare una ripresa, dopo gli impatti dell’influenza aviaria del 2022. Tuttavia, sia l’Ungheria che la Repubblica Ceca hanno dovuto affrontare un ulteriore calo della produzione, attribuito a una ridotta produzione di pollame da carne, con conseguenti ripercussioni sui macelli locali. Ad ogni modo, complessivamente, il 2023 del settore sarà caratterizzato da una riduzione di 700mila tonnellate in meno rispetto ai livelli del 2021.

“Per quanto riguarda le prospettive della domanda di mangimi composti nel 2024”, commentano i responsabili della Fefac, “lo scenario rimane incerto. Fattori chiave, come l’impatto delle malattie animali, l’incertezza economica, la persistente inflazione elevata dei prezzi alimentari, le continue irregolarità meteorologiche e l’aumento delle importazioni di prodotti a base di carne di pollame dall’Ucraina, stanno influenzando le produzioni locali”. “Si prevede”, conclude la federazione dei mangimisti europei, “che l’influenza che le politiche “verdi e del benessere degli animali” avranno un impatto negativo sulle prospettive di mercato per la produzione di bestiame e mangimi, sebbene i costi per le principali materie prime per mangimi – principalmente i cereali per mangimi – sono tornati ai livelli precedenti l’invasione russa dell’Ucraina”.

13 dicembre 2023