L’industria lattiero-casearia britannica non riesce a prendere sul serio la richiesta di limitare le percentuali di sale nei propri formaggi, da anni avanzata da una parte dei sanitari del Paese, impegnati nel gruppo di lavoro “Action on Salt” – operante presso la Queen Mary University di Londra – per contrastare il rilevante danno sociale causato dal cosiddetto “Silent Killer”.
“I produttori alimentari del Regno Unito”, affermano gli esperti in una recente nota stampa, “non stanno prendendo abbastanza sul serio la riduzione del sale nei loro prodotti, in cui nell’ultimo decennio abbiamo registrato riduzioni davvero esigue”. Il gruppo di lavoro ha da poco valutato il contenuto di sale presente in oltre seicento formaggi, principalmente Cheddar, commercializzati da dieci rivenditori del Paese.
“Data la quantità di sale che mangiamo”, spiegano gli esperti, “aumenta la nostra pressione sanguigna, che è la principale causa di ictus e malattie cardiache”. Con questa azione quindi, il gruppo di esperti è tornato a chiedere al Governo di fissare degli obiettivi più rigorosi e obbligatori per la riduzione del sale entro la fine di quest’anno per far sì che migliaia di persone non soffrano e non muoiano per questo.
Secondo i dati aggiornati, i formaggi con il più alto livello di sale sono quelli di origine vegetale, con una media di 1,91 g/100 g. (+10% rispetto al Cheddar, ndr). “I formaggi a base vegetale”, spiegano i responsabili di Action on Salt, “sono inoltre ricchi di grassi saturi, il che li rende non così salubri, nonostante l’”alone di salute” che li avvolge”.
Tra i formaggi veri, il primato dell’eccessiva salinità appartiene al Cheddar, che ha un contenuto medio di sale di 1,78 g per 100 g di prodotto. “Considerando una piccola porzione di 30 g di questo formaggio, essa equivale in sale – 0,5 g – ad un intero sacchetto di patatine “.
Tra tutti i Cheddar analizzati, il “Less Fat Mature British Cheese”, commercializzato dalla catena della Gdo Asda, e quello con il più alto contenuto di sale (2%), mentre la palma del più “virtuoso” (si fa per dire) spetta al “Morrisons Savers Mild Coloured Cheddar” (1,4%).
Oltre a riferire in dettaglio le percentuali di altri formaggi reperibili sul mercato interno, i ricercatori stigmatizzano il fatto che “ricerche precedenti suggeriscono che non sono stati fatti progressi nella riduzione del sale in questa categoria di alimenti: nel 2012, il contenuto medio di sale nei formaggi Cheddar e nei similari era di 1,68g/100g, rispetto a 1,70g/100g del 2023”.
Da notare inoltre che alcuni produttori – come gli islandesi Wensleydale e Cranberry – hanno dimostrato con i fatti che lo sforzo richiesto per garantirsi formaggi meno dannosi è possibile, essendo passati da 1,3% (2012) allo 0,7% (2023) di sale in undici anni. Alla luce di questo risulta grave che alcuni produttori abbiano addirittura incrementato l’uso di sale, come nel caso del “Morrisons Grated Extra Mature Cheddar”, passato da 1 a 1,6 g per 100 g di prodotto (+60%).
“Se alcuni produttori possono fare lo stesso formaggio con molto meno sale”, commentano infine i responsabili di Action on Salt, “possono farlo anche tutti gli altri”.
Altri dati e commenti degli specialisti sono disponibili nell’articolo “Cheese Industry Showing no Signs of Salt Reduction. New Study Shows“, sul sito web di Action on Salt” (traduzione in lingua italiana con Google Translate: “L’industria del formaggio non mostra segni di riduzione del sale. Un nuovo studio lo dimostra“)
6 marzo 2024