La guerra scatenata più di un anno fa dal Governo israeliano Netanyahu – ufficialmente contro i terroristi di Hamas – è manifestamente una guerra contro civili inermi, “colpevoli” unicamente di essere palestinesi. Lo dimostrano le cifre di un eccidio – quello registrato nella Striscia di Gaza – che ad oggi conta oltre 45mila morti (41mila secondo Amnesty International, un mese fa) il 70% dei quali sarebbero donne e bambini. Un eccidio che giovedì 21 novembre ha portato la Cpi (Corte Penale Internazionale) a iscrivere il primo ministro israeliano tra i ricercati internazionali, con un mandato di arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Non solo morti causate da incursioni a tappeto o ben mirate su ospedali e rifugi ma – si badi bene – per il blocco operato sugli approvvigionamenti alimentari, ospedalieri ed energetici. I palestinesi muoiono più per mancanza di cure e stenti che sotto i bombardamenti. E laddove il cibo potrebbe in parte essere prodotto localmente, l’eccidio viene esteso agli animali allevati e la devastazione raggiunge i campi coltivati.
Più del 90% degli animali allevati a Gaza sono stati uccisi e circa il 70% dei terreni coltivati è stato distrutto o danneggiato dall’inizio della guerra. A renderlo noto, venerdì 22 scorso, è uno studio prodotto dalle Nazioni Unite, supportato da inequivocabili immagini satellitari.
Bestiame e campi nel mirino per indurre la carestia
Secondo i dati raccolti a settembre, la metà delle pecore e delle capre erano già state decimate e oltre i tre quarti dei frutteti distrutti o danneggiati. “La settimana scorsa”, riferisce l’agenzia di informazione InfoPal, “Rein Paulsen, capo dell’Ufficio per le emergenze e la resilienza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha affermato che la produzione alimentare locale a Gaza è stata “decimata”, dichiarando al Consiglio di Sicurezza dell’Onu che i cingoli dei veicoli, i rastrellamenti e i bombardamenti hanno causato danni significativi ai terreni agricoli, ai pozzi e ad altre infrastrutture produttive, aumentando” – e non certo per caso – “il rischio di una carestia”.
“Prima dell’inizio della guerra, l’anno scorso”, prosegue InfoPal, “le aziende agricole coprivano circa il 40% di Gaza producendo verdure, uova, latte fresco, pollame e pesce in quantità sufficiente a soddisfare circa un terzo della domanda locale. Molte famiglie possedevano ulivi o alberi da frutto. Adesso, a chi resta vivo e si ostina a resistere, la guerra risponde anche con l’impennata dei prezzi: i pochi alimenti zootecnici, reperibili con difficoltà, costano cifre inaccessibili ai più, frutto di una speculazione che di certo non è prodotta dal caso.
Secondo testimoni oculari altamente attendibili, molti agricoltori, pescatori e allevatori rischiano ogni giorno la vita per continuare a seminare, raccogliere, pescare, accudire i propri animali. Il livello dei danni ha esacerbato la crisi umanitaria e la fame sul campo, aumentando il rischio di privazioni insostenibili. L’approvvigionamento alimentare in tutta la Striscia di Gaza si è fortemente deteriorato, mentre la disponibilità di cibo ha raggiunto i minimi storici.
Dal canto suo, l’Onu ha lanciato l’allarme su una possibile crisi umanitaria catastrofica a Gaza con l’inverno alle porte. Intervenendo a una riunione del proprio Consiglio di Sicurezza sul Medio Oriente, il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, ha lanciato messo in evidenza le disastrose condizioni umanitaria, in particolare nel nord della Striscia, descrivendo la situazione come “caratterizzata da un inquietante disprezzo per il diritto umanitario internazionale”.
«Come il Consiglio è stato più volte informato», ha dichiarato Wennesland, «la situazione umanitaria a Gaza, all’inizio dell’inverno, è catastrofica, con uno sfollamento della popolazione quasi totale, una distruzione diffusa e lo sgombero di terreni, in mezzo a quello che sembra un inquietante disprezzo per il diritto umanitario internazionale».
Wennesland ha poi evidenziato le «difficoltà incontrate dalle agenzie umanitarie a Gaza», citando «un ambiente operativo pericoloso e le restrizioni di accesso che ostacolano gli sforzi degli aiuti». Ha ribadito «la necessità di un accesso illimitato per la consegna degli aiuti» e ha sottolineato «l’importanza di una soluzione politica per affrontare le cause profonde della violenza, avvertendo che senza di essa la situazione umanitaria non potrà migliorare».
27 novembre 2024
fonte: InfoPal