Chi di social colpisce, di social perisce. Non che sia una regola, ma stavolta pare proprio che sia così, laddove i social comunemente intesi sono i media attraverso cui i consumatori, più o meno guidati o suggestionati, dimostrano di poter agire, talvolta persino con efficacia.
La vicenda che ha preso corpo nelle ultime settimane riguarda la cooperativa lattiero-casearia Arla Foods, nata nel 2000 dalla fusione della svedese Arla e della danese MD Foods, che oggi è la quarta azienda mondiale del settore in quanto a volume prodotto, la settima per fatturato. I suoi soci conferitori, oltre 8mila, sono dislocati in Danimarca, Svezia, Germania, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.
Alla fine dello scorso novembre la società aveva operato un’importante campagna di comunicazione (decine di articoli erano apparsi su importanti giornali di mezza Europa) tesa a informare i consumatori circa un accordo strategico stretto con alcune delle principali catene europee della Gdo operanti nel Regno Unito: Aldi, Morrison e Tesco. Grazie a questa partnership l’azienda avrebbe testato latte e derivati innovativi, prodotti da vacche a cui sarebbe stato somministrato un integratore – il Bovaer, prodotto dalla olandese Dsm-Firmenich – grazie al quale le emissioni enteriche dei bovini da latte sarebbero state ridotte almeno del 27%.
Un’operazione mediatica a rischio, però, che – se da una parte magnificava un impegno verso la sostenibilità – dall’altra evidentemente non è riuscita a nascondere le informazioni riguardanti l’integratore stesso, la sua composizione, le notizie inerenti le possibili controindicazioni per gli animali stessi e – chissà, un giorno – anche per i consumatori.
Il sospetto per un principio attivo non sufficientemente testato
Per quanto approvato sia dall’Fda statunitense che dalle autorità per la sicurezza alimentare europea e britannica, le riserve palesate da vari studi scientifici circa la tollerabilità del suo principio attivo, il 3-nitroossipropanolo, in quanto mai testato su larga scala, hanno scatenato in moltissimi utenti dei social media reazioni di contestazione e rifiuto difficilmente preventivabili.
All’annuncio del produttore era seguita una comunicazione congiunta delle tre firme della Gdo, che avevano annunciato “la collaborazione come parte della FarmAhead Customer Partnership di Arla”, per “affrontare alcune delle sfide climatiche che il nostro sistema alimentare deve sostenere. È questo approccio collettivo che farà davvero la differenza”.
A pochi giorni dall’annuncio, le repliche piccate e trancianti di molti utenti di Facebook, Instagram e X sono letteralmente deflagrate, grazie all’efficacia dei video prodotti e delle azioni intraprese, con molte persone, tra cui diversi influencer, che hanno deciso di versare litri di latte negli scarichi domestici, accompagnando le azioni con parole dure: da “La mia risposta è questa (gettare il latte) ora è per sempre” a “Smettetela di avvelenare il nostro cibo @ArlaDairyUK e @Tesco smettetela di provare ad uccidere i vostri clienti!”.
Reazioni che si sono propagate velocissimamente e sono state emulate da molti altri utenti, mentre altri ancora rispondevano nei commenti e rilanciavano che nei prodotti biologici non possono utilizzare additivi come il Bovaer, e che di conseguenza “rappresentano la risposta sana alle molte incognite che l’integratore prodotto da Dsm-Firmenich porta con sé”.
Reazioni che hanno suonato come musica per le orecchie di produttori come Yeo Valley Organic e per un’infinità di caseifici biologici locali, che si sono affrettati a confermare di non utilizzare il tanto contestato additivo.
A dare ulteriore risalto a ciò è intervenuta la The Soil Association, ente di certificazione biologica operante nel Regno Unito, che attraverso una nota ufficiale ha dichiarato che “i componenti principali del Bovaer non sono inclusi nell’elenco dei prodotti e dei composti approvati nel biologico, e di conseguenza il Bovaer non è consentito secondo gli standard biologici e nell’agricoltura biologica”.
Molte le soluzioni naturali per ridurre le emissioni enteriche
A latere di tutto ciò e opportuno ricordare che la lotta di contrasto alle emissioni di metano di origine enterica si può combattere anche naturalmente, quindi senza il ricorso ad integratori, meno che mai se di sintesi e non sperimentati. Molte sono le alternative naturali e sostenibili, alcune in fase di verifica da parte di gruppi di ricerca, altre ancora ben conosciute, che permettono di affrontare questa sfida.
Il pascolo a rotazione, ad esempio, e l’utilizzo di foraggi di alta qualità migliorano la salute del suolo e l’efficienza di digestione delle vacche, riducendo naturalmente le emissioni di metano. Inoltre, gli adeguamenti delle diete, con incorporazione di specifici grassi o olii, offrono un metodo semplice per ottenere sostanziali riduzioni delle emissioni.
Ma non solo: interessanti studi hanno indicato un’ulteriore approccio alla questione, laddove l’alterazione dell’equilibrio microbico del rumine di una vacca operata con l’uso di probiotici o di enzimi lascia intravedere un approccio sicuro e sostenibile per la riduzione delle emissioni che escluda l’uso di additivi sintetici.
11 dicembre 2024