Il mercato chiede più formaggio: le due anime dell’Halloumi troveranno un accordo?

Halloumi
Il formaggio cipriota Halloumi. L’associazione dei suoi produttori contesta l’ottenimento della Dop -foto di Rainer Zenz© – Creative Commons License

Il formaggio misto cipriota Halloumi, Dop dal 2021, sta attraversando un momento particolarmente delicato, per vari e importanti aspetti. Basta enunciarne tre per capire quanto critico esso sia per prodotto e produttori: un export in continua crescita, fatto prevalentemente di consumatori che non hanno mai assaggiato l’Halloumi tradizionale (l’ovicaprimo Helim, prodotto nel nord dell’isola, di etnia e cultura turca), la pretesa dei burocrati locali di una produzione costante di latte, in barba alla stagionalità (legata all’asciutta e ai parti), e infine gli insanabili contrasti tra burocrati degli enti preposti alla “tutela” e alla promozione del prodotto (“Camera di Commercio e Industria” di Cipro e “Comitato di monitoraggio per la produzione dell’Halloumi”) e allevatori, in specie di pecore e capre (in origine era un ovicaprino; con la Dop è un misto a prevalenza vaccino).

Tutto ciò in un “teatrino” in cui non mancano fautori della genetica “spinta” (tutto il mondo è paese), iracondi (allevatori più avvezzi a menar le mani che a ragionare) e normalizzatori, imploranti un clima di serenità senza il quale i finanziamenti comunitari, verrebbero meno.

In un tale scenario, con un formaggio dalle due anime (turca e greca sì ma ancor più una sensibile all’export e l’altra ai dettami della tradizione) c’è chi rammenta, ad ogni pie’ sospinto, la “ricetta” originale che richiede l’uso di latte di pecora e capra (in quali percentuali rispetto al vaccino propugnato dall’industria, non è facile dirlo) “e lo rende versatile” come pochi altri (fritto, grigliato, fuso sul pane, ma adatto alle più disparate insalate tipiche). Altro aspetto caratteristico, facilmente replicabile da chiunque, è la farcitura con foglie di menta, che oltre a conferire il tipico sapore di quell’erba (innegabile) garantirebbe a detta di alcuni un’improbabile conservabilità al prodotto.

Una buona chiave di lettura per interpretare quanto accada ancor oggi nel composito universo di questo formaggio sta nella risposta che la Commissione Europea dette nel 2015 ai due richiedenti (uno turco e uno greco che avanzarono domanda per l’ottenimento della Dop), esortandoli a mediare le reciproche posizioni per giungere ad una domanda univoca e ad un’unica Dop. “Guai presentare due richieste”, tuonarono i funzionari di Bruxelles: “verrebbero bocciate entrambe”.

Quanto accada oggi è in larga parte comprensibile ascoltando le parole del potente Stavros Stavrou, presidente sia della Camera di Commercio e Industria di Cipro e che del Comitato di monitoraggio per la produzione di Halloumi: «Gli allevatori di capre e pecore devono adottare approcci strategici», spiega risoluto Stavrou, «per superare le sfide stagionali e soddisfare la crescente domanda di Halloumi»

“Il comitato istituito dal governo”, spiegano i media locali, “ha implementato misure per affrontare le sfide persistenti. Tra di esse rientrano incentivi per aumentare la produzione di latte di pecora e capra, sforzi per stabilizzare i costi e politiche tese a garantire che tutto il latte degli allevatori venga utilizzato dai produttori di formaggio (i più maliziosi, conti alla mano, insinuano che quantomeno la componente vaccina venga in parte importata, ndr). Le iniziative principali di dette misure riguardano l’incremento dei sussidi economici per capo di bestiame, introdotti per premiare una maggiore produttività e l’applicazione di normative più severe sulla consegna del latte per mantenere una concorrenza “leale”.

Tra le altre cose Stavrou ha anche evidenziato il ruolo cruciale delle esportazioni nel sostenere la domanda di Halloumi, sottolineando la necessità di una fornitura di latte stabile. Tuttavia, la stagionalità nelle nascite degli animali, su cui hanno inciso naturalmente le asciutte e i parti, ma anche i ritardi dovuti alle condizioni meteorologiche – e l’aumento dei prezzi della carne – hanno temporaneamente ridotto la produzione di latte. Per contrastare questo fenomeno, il comitato di cui Stavrou è presidente ha aumentato le quote previste per il prossimo febbraio del 15%, auspicando “un utilizzo ottimale del latte disponibile (in altre parole che non lo si usi per produrre altro)”.

A fronte di ciò, alcuni allevatori sono tornati in piazza per protestare contro le decisioni del comitato, che proprio per bocca di Stavrou ha criticato le dimostrazioni definendole ingiustificate e aggiungendo che «il progresso è perseguibile solo attraverso una collaborazione costruttiva” e ammonendo gli allevatori che «tali azioni potrebbero minare l’immagine dell’Halloumi, una “pietra angolare” delle esportazioni agroalimentari di Cipro».

Il comitato ha così annunciato che una nuova riunione si terrà il 20 febbraio per rivalutare i livelli di produzione del latte. Stavrou ha ribadito che si debba «perseguire un impegno condiviso per mantenere la reputazione raggiunta dall’Halloumi nel mondo, per espandere ulteriormente le esportazioni e captare i necessari mezzi di sostentamento destinati agli allevatori».

Cosa sarebbe accaduto senza supporto delle istituzioni comunitarie non ci è dato saperlo. Sicuramente oggi saremmo di fronte ad un mondo agricolo molto diverso, con meno operatori e meno benessere ma con prodotti sicuramente più “veri”.

31 gennaio 2025