La Repubblica Popolare Cinese ha alzato l’asticella sui formaggi caratterizzati dalla presenza di muffe, siano esse in pasta (Gorgonzola, Roquefort) o in crosta (Taleggio, Camembert), dopo aver deciso di rivedere i regolamenti sanitari in àmbito alimentare. Uno stop dietro il quale «non c’è un problema politico», ma di regolamenti, ha spiegato il vicedirettore del Ministero del Commercio cinese in Europa, Wu Jing-chun, a margine del lancio del 7º congresso di Slow Food International di Chengdu, nella provincia del Sichuan.
Il caso non è e non sarà di soluzione rapida, purtroppo: in sostanza si è appreso che i parametri definiti dalla Cina nel 2010, molto bassi sulle muffe, sono stati sinora applicati in modo flessibile. E ora che la flessibilità è venuta meno bisognerà attendere che siano ridefiniti per far sì che le esportazioni verso quel Paese possano riprendere.
Tra le contromosse allo studio in sede europea, si apprende che verrà presto organizzato un seminario sui formaggi con le muffe, e che anche l’Unione Europea scenderà in campo per la vastità delle conseguenze che la misura ha portato (ad essere colpiti sono, oltre all’Italia e alla Francia, anche la Danimarca e l’Olanda). Ad ogni modo i tempi non si annunciano brevi, visto che la stesura dei nuovi parametri da parte del governo di Pechino richiederà diversi mesi.
«Il nostro ministero», ha aggiunto il funzionario cinese alle agenzie di stampa italiane, «non si occupa direttamente dell’importazione di formaggi, che è mansione dell’Aqsiq (Amministrazione su ispezioni e quarantena, ndr), ed esistono procedure interne da rispettare».
«Ai cinesi», ha proseguito Wu Jing-chun, «piacciono i cibi italiani; non c’è problema sui formaggi. Questo è soltanto un problema di procedura interna, non di politica. Il mercato cinese dà il benvenuto ai prodotti italiani». Ad avvalorare le sue valutazioni, Wu ha ricordato di essere «andato di recente a Roma con la Commissione mista per la promozione commerciale, il cui scopo è sviluppare le relazioni economiche bilaterali e alla quale partecipano Mise e ministero del Commercio» e di «aver comprato molti formaggi italiani. Il nostro ministero dà il benvenuto ai formaggi italiani».
Tra i francesi c’è già chi dice “no”
Nel frattempo si registrano le prime reazioni da parte di ristoratori francesi presenti, con proprie attività, in Cina: Axel Moreaux e Clement Bacri, imprenditori, e David Thiery, chef, hanno manifestato alla stampa del loro Paese il proprio dissenso e l’incredulità di fronte alle motivazioni ufficiali addotte dai cinesi. Chi ha investito di suo proponendo in Cina piatti di formaggi caratterizzati dalla presenza di muffe offre una chiave di lettura differente da quella ufficiale, arrivando ad asserire che il provvedimento spianerebbe la strada a produttori cinesi che si vorrebbero cimentare nella produzione di formaggi tecnicamente realizzabili in pochi mesi, facili da gestire con tecnologie accessibili a chiunque. La risposta che alcuni di loro hanno già annunciato è quella di iniziare loro stessi a produrre quei formaggi all’interno della Cina, coadiuvati da qualche tecnico caesario del proprio Paese.
La Francia in qualche modo reagisce, quindi, mentre l’Italia pare limitarsi a guardare, e a bofonchiare.
19 settembre 2017