Tre latti e due colori: si presenta così il nuovo formaggio per raclette

Il nuovo Domaine de Chateauneuf – foto dal sito web di Canton du Valais www.vs.ch

Proprio non ci voleva: dopo il mancato sostegno agli allevatori di animali con le corna, il settore lattiero-caseario svizzero coglie – nell’arco di dieci giorni – la seconda occasione per fare una brutta figura, manifestando chiari i sintomi di una decadenza diffusa non solo nella sua componente politica ma anche e soprattutto nei suoi più intimi costumi. Una decadenza che mina il mondo rurale del Paese e in senso più ampio la civiltà di un popolo.

A caricarsi dell’onere di scivolare sulla classica buccia di banana stavolta è il Service de l’agriculture sur son Domaine de Châteauneuf (Dipartimento dell’agricoltura del Domaine de Châteauneuf), che domani, in occasione della Fiera del Vallese, presenterà un nuovo formaggio per raclette(1) di cui sinceramente non sentivamo alcun bisogno. Un formaggio talmente “innovativo” da non avere una pietra di paragone per la sua unicità, o meglio stranezza, tanto è fuori da ogni canone tecnico ed estetico che la Svizzera del formaggio conosca.

Ecco come si presenta una raclette, realizzata con un formaggio tradizionale – foto Varaine – Creative Commons License©

Il prodotto, che prenderà il nome di Domaine de Châteauneuf, è stato annunciato come “un formaggio innovativo per raclette, unico al mondo” laddove la sua unicità consiste non tanto e non solo nell’essere prodotto con tre cagliate sovrapposte – di capra, vacca e pecora – ma quanto piuttosto dal fatto che la cagliata intermedia (quella vaccina) si distingue dalle altre per il netto colore arancione, dovuto all’uso dell’annatto, un colorante che – per quanto naturale – ha qui un valore unicamente estetico.

I motivi per cui una tradizione come quella della raclette debba essere “innovata” anche e soprattutto nella sua componente estetica sono tanto palesi quanto in disaccordo con il senso della tradizione che – ne conveniamo – non dev’essere sempre uguale a sé stessa, certo, ma neanche violentata in questo modo.

Nel leggere le motivazioni espresse, che manifestano l’obiettivo di “dimostrare che l’innovazione e la differenziazione rappresentano i successi chiave per un’agricoltura in continua evoluzione” c’è da preoccuparsi per la deriva a cui questo fare può indurre. Anche perché il caseificio di Châteauneuf è sede di attività didattiche rivolte al mondo dei professionisti del settore, e il rischio di diffondere tali deleterie soluzioni rischia da lì di essere propagato.

Il “Service de l’agriculture, par son Domaine de Châteauneuf”, racconta la nota stampa inerente al lancio del prodotto, “offre regolarmente nuove creazioni di formaggio consentendo al consumatore di scoprire sapori originali e di sperimentare esperienze senza precedenti”.

“Fuori dai sentieri battuti”, prosegue il comunicato, “il solleticare le papille gustative con nuove sensazioni, per conquistare nuovi consumatori, rappresenta la via da esplorare al fine di ottenere una migliore valorizzazione delle materie prime agricole”. “Creare valore aggiunto attraverso l’innovazione e la formazione: questo”, conclude la nota, “è il credo dei tre settori agricoli dello stato del Vallese, la cui direzione e le cui missioni strategiche sono state rinnovate negli ultimi tre anni”.

Un approccio dannoso, da rifiutare

Dal nostro punto di vista questo fare della maison fromagere valais non rappresenta affatto un’innovazione, bensì un totale stravolgimento di quanto fatto sin qui per secoli, introducendo nelle ragioni del fare il peggior “nemico” possibile: la persuasione del cliente, attratto da futili motivi e non dalla sostanza. Non la salubrità o la bontà del prodotto ma la sua inconsuetudine estetica.

Se sul nostro sito esistesse una classifica dei formaggi da sconsigliare, il Domaine de Châteauneuf sarebbe inserito sin d’ora in cima alla lista, ancor prima di fare il suo esordio sul mercato.

2 ottobre 2017

(1) Con il termine “raclette” si intendono due cose: il nome di un formaggio svizzero e quello di un procedimento di trasformazione, che pare abbia un’origine pastorale. Si prepara tagliando a metà la forma di formaggio e riscaldandola con il calore del fuoco o di una resistenza elettrica. Quando il primo strato inizia a sciogliersi viene separato dalla forma e posto sul piatto di portata. Il termine “raclette” deriva dal francese “racler”, che significa “raschiare” o meglio “scrostare”, “grattare”). Tradizionalmente si serve con patate cotte al cartoccio, e sottaceti come cetriolini e cipolline