
La Turchia si appresta a varare, con decorrenza dal 1° febbraio prossimo, le nuove disposizioni in materia di importazione di prodotti di origine animale, ivi inclusi i lattiero-caseari, che introdurranno delle restrizioni per ciò che concerne i formaggi a latte crudo. Tale provvedimento, che in Italia colpisce anche realtà industriali come il Grana Padano, il Parmigiano-Reggiano, il Pecorino Romano, ha portato all’intervento dell’Assolatte, che attraverso i ministeri delle Politiche Agricole e della Salute sta adoperandosi per richiedere alle autorità di Ankara che il fattore “stagionatura” venga accolto come equivalente in quanto a sanificazione del trattamento di pastorizzazione.
Purtroppo, non avendo la Turchia una particolare tradizione casearia, è accaduto che nel tempo si siano registrate in quel Paese una serie di contraffazioni in ambito alimentare – alcune persino con qualche risvolto sanitario – che hanno comportato nel tempo una diffusa diffidenza dei consumatori nei confronti dei prodotti d’importazione. Dalla “feta-non-feta” sbiancata con la calce ai formaggi addizionati di grassi vegetali (per ridurre i costi di produzione, in genere “tipici” della Bulgaria), i “tarocchi” hanno conquistato le pagine dei giornali, portando preoccupazione tra i consumatori, e inducendo vari esperti a dire la loro. Tra di essi non sono mancati i detrattori del latte crudo, cresciuti professionalmente secondo i dettami della più classica ideologia oscurantista industriale, che hanno ripetutamente lanciato la “loro” crociata contro il latte non pastorizzato.
26 gennaio 2013