22 aprile 2009 – Arriva da Cipro un labile segnale di speranza per la possibile dilazione dei termini entro cui i Paesi aderenti all’Ue dovranno mettersi in regola con le direttive sanitarie in merito alla scrapie, l’encefalopatia spongiforme ovina (da più studi definita come “non trasmissibile alla specie umana”, ndr) per debellare la quale sarà necessario intervenire sulla genetica dei capi, come già avvenuto con successo in Francia e in Gran Bretagna.
L’incontro avvenuto ieri a Bruxelles tra i responsabili del servizio sanitario della Commissione Europea, quelli dell’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e il ministro dell’agricoltura cipriota Michalis Polynikis, ha permesso agli allevatori dell’isola del Mediterraneo di tirare un sospiro di sollievo per la concessione della dilazione dei termini entro cui la malattia dovrà essere eradicata. Non più entro i diciotto mesi dalla precedente disposizione comunitaria del novembre 2008 e neanche per mezzo del sistematico abbattimento di tutti i capi infetti e sospetti, bensì attraverso un processo di sostituzione dei capi interessati con altri capi, geneticamente selezionati, sani e resistenti. Questa soluzione prevederà un nuovo protocollo dei controlli che verrà disposto da Bruxelles entro la fine di maggio, un contributo economico comunitario che coprirà la metà dei costi, e la probabile dilazione dei tempi entro cui la malattia dovrà essere debellata da tutti i Paesi aderenti all’Ue.
Le ragioni con cui Polynikis è riuscito a ricontrattare tempi e metodi di soluzione del problema sono state quelle dei gravi costi economici e sociali che la disposizione di abbattimento avrebbe comportato, stante l’alto numero di capi coinvolti nella questione: 110mila tra ovini e caprini (uno per ogni otto abitanti dell’isola). Ora si attende dalla Commissione Europea l’ufficializzazione dei nuovi termini da adottare per debellare il problema.
Questo inatteso sviluppo della questione fa tirare un sospiro di sollievo agli addetti di altri Paesi come l’Italia in cui sinora i governi locali si erano limitati a dare facoltà ai singoli allevatori di operare un adeguato miglioramento genetico per ovviare alla situazione.
Appena un mese fa la Francia aveva operato il blocco delle importazioni di formaggi e derivati del latte da Paesi non ancora in regola con dette disposizioni, accampando la trasmissibilità della malattia tra specie animali, ivi inclusa quella umana, senza però che alcuno studio scientifico abbia sinora dimostrato questo rischio e la necessità di conseguenti teorie precauzionali.
La decisione del Governo transalpino era stata accolta in Sardegna (i cui formaggi erano incappati all’inizio di aprile nei primi blocchi doganali) come una speculazione di stampo protezionistico e aveva creato allarmi, sinora non rientrati sulla possibilità che altri Stati (e il pensiero corre agli Usa, alla severissima Food and Drugs Administration e alle sorti del Pecorino Romano) avrebbero potuto prendere spunto dalle disposizioni francesi per bloccare essi stessi l’importazione dei formaggi sardi e italiani di origine ovina e caprina.